L’arcivescovo Gallagher ha parlato anche della responsabilità degli Stati di rendersi conto fino a che punto si possa accogliere.
Alla fine, la “migrazione dovrebbe essere una scelta e non una necessità disperata. Poste le basi per lo sviluppo umano integrale di ogni individuo lavorano per costruire pace e sicurezza su cessazione conflitti armati, oltre ad investire in posti lavoro, sanità, infrastrutture che permetteranno alle persone di rimanere nella loro patria”.
L’arcivescovo nota che “i patti globali non sono perfetti, ma tentano di avere un approccio olistico alla questione della migrazione e riconoscono il valore del multilateralismo e il fatto che i singoli Stati non possono gestire da soli questa realtà ed è nel loro interesse cercare soluzioni basate sugli organismi internazionali”.
Ha concluso l’arcivescovo: “La migrazione è una realtà che ogni Paese deve affrontare, che scelga di affrontarlo da solo o con altri, la sua scelta rifletterà sicuramente il modo in cui ogni Paese percepisce il proprio posto nel mondo. le soluzioni che cercheremo di fare avanzare diranno molto sulla nostra priorità”.
Auza sui 25 anni tra Santa Sede e Israele
I 25 anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede ed Israele sono stati festeggiati la scorsa settimana dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. Il 19 giugno, l’anniversario è stato ricordato in un evento sugli “Accordi Israele Vaticano: 25 anni di progressi e sfide” presso la Fordham University. L’evento è stato co-sponsorizzato dal consolato generale di Israele a New York e dall’arcidiocesi di New York.
L’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, ha detto che questi 25 anni sono stati un tempo di approfondita comprensione comune, fiducia, amicizia e cooperazione. L’arcivescovo ha espresso gratitudine allo Stato di Israele per il suo impegno per assicurare alla Chiesa cattolica la libertà nel portare avanti la propria missione e di dare il suo contributo alla società di Israele. L’arcivescovo Auza ha detto che le relazioni tra la Santa Sede e lo Stato di Israele sono di carattere speciale che viene dai legami tra ebrei e cristiani e dal carattere unico della Santa Sede e Gerusalemme.
Questi legami portano entrambi gli Stati a collaborare per difendere la dignità umana, promuovere il diritto alla libertà religiosa e di coscienza e a combattere tutte le forme di intolleranza religiosa, specialmente l’antisemitismo e la cristianobobia.
La Santa Sede alla FAO, la questione dell’acqua
Lo scorso 17 giugno, la Santa Sede ha preso parte al II Seminario Internazionale sulla siccità e l’agricoltura” della FAO, l’agenzia ONU che si occupa di lotta alla fame.
Monsignor Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la FAO e altre organizzazioni alimentari delle Nazioni Unite, ha sottolineato che “la siccità ha importanti conseguenze per lo sviluppo agricolo e la produttività”, è una “grave minaccia per la sicurezza alimentare” e si trasforma “in una causa di migrazioni ed esodo umano a livello mondiale”.
Le conseguenze della siccità colpiscono anche la sicurezza alimentare, si ripercuotono nelle crisi alimentari e non possono essere mese sotto silenzio.
Non si tratta di un fenomeno di oggi, perché quello delle siccità è un fenomeno che “dura ormai da abbastanza tempo”. La questione dell’acqua è alla base di questa tragedia, e non è nemmeno questo “un problema nuovo”, perché da tempo si nota la mancanza dell’acqua e la sua distribuzione insufficiente e disuguale.
Per la Santa Sede, è prima di tutto ineludibile mettere in atto “mezzi preventivi”, attraverso la “tecnologia che può giocare un ruolo importante”, anche nel prevenire “disastri naturali”.
È dunque necessario che le tecnologie si pongano davvero al servizio delle necessità primarie dell’uomo, “come la salvaguardia del bene fondamentale dell’acqua e la lotta contro la siccità e la desertificazione”.
Monsignor Chica Arellano sottolinea che si devono anche mettere in atto “buone pratiche di sicurezza alimentare”, sviluppata e appoggiata dai governi in collaborazione con le iniziative private.
Un altro fatto che “influisce molto sulla fertilità delle coltivazioni come nella capacità delle persone e dei Paesi di reagire di fronte a cambiamenti profondi”. È la “resilienza”, un concetto che piace all’osservatore della Santa Sede, il quale lo vede applicato sia alle coltivazioni che alle persone.
Ci vuole, insomma, una “agricoltura resiliente, che sia capace di far fronte al cambio climatico e alla scarsità di acqua”, e per questo “è importante continuare a dedicare ricorsi finanziari per scoprire e impiantare pratiche e tecniche con l’obiettivo di una gestione più efficiente dell’acqua e del suolo”.
Monsignor Chica Arellano ha poi parlato del concetto di resilienza, perché “come succede quando una persona si ferisce, lo spirito resiliente soffre, però allo stesso tempo guarda, si prepara, accetta le difficoltà e le affronta, sapendo che non è solo”, e questo ci indica che “davanti alle difficoltà, esiste il dovere di compatire, vale a dire, di stare vicini a quelli che soffrono”, sebbene “non sia sufficiente”, ma servano anche “interventi concreti”.
La Santa Sede alla FAO, le popolazioni povere delle aree rurali
Il 18 giugno, Monsignor Chica Arellano ha parlato all’incontro della FAO sul tema “Assumere le sfide di arrivare ai più poveri nelle aree rurali”.
Nel suo intervento, l’Osservatore della Santa Sede alla FAO ha sottolineato che “la situazione attuale in cui viviamo si aggrava e deteriora in molti contesti”, dall’Africa subsahariana fino al Sud Est asiatico e all’America Latina.
Quelle che si trovano nei territori rurali, ha detto l’Osservatore, sono “condizioni strutturali che conducono alla povertà estrema, la cui identificazione non può ridursi, come per disgrazia succede, a una mera quantificazione economica”, attitudine che viene dalla tendenza riduzionista di usare solamente indici monetari per definire problemi di maggiore impatto”.
Monsignor Chica Arellano si riferisce all’Indice di Povertà Multidimensionale, che riguarda anche la vulnerabilità dei diritti umani. Una vulnerabilità che si sperimenta soprattutto nelle zone rurali.
La Santa Sede – sottolinea l’Osservatore – “non si vuole sostituire a quanti hanno il dovere di prendere decisioni politiche ed economiche”, ma allo stesso tempo cerca di dare il suo contributo, chiedendo di “agire in maniera rapida e coordinata, perché solo sommando gli sforzi e le prospettive, solo collaborando lealmente si possono identificare soluzioni per affrontare il fenomeno che ci preoccupa”.
Si chiedono, dunque, “azioni indirizzate a promuovere lo sviluppo rurale integrale”, investendo nelle regioni rurali e dedicando loro mezzi di ogni tipo, anche finanziari, perché “l’esodo dai campi alla città è una tendenza globale che non si può ignorare”.
Monsignor Chica Arellano ha ricordato le tre T più volte ricordate da Papa Francesco – tierra, techo y trabajo (terra, tetto e lavoro), fondamentali per mettere in atto una inversione di tendenza.
La Santa Sede alle Nazioni Unite, il tema della paternità
Lo scorso 10 giugno, la Missione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York ha co-sponsorizzato con le missioni di Gibuti e Bielorussia un evento alle Nazioni Unite su “La buona genitorialità costruisce la società: l’importanza della maternità e della paternità”.
Parlando a nome dell’arcivescovo Bernardito Auza, monsignor Tomasz Grysa ha sottolineato che la famiglia non è solo essenziale per bambini sani, ma anche per società sane, perché “crescere in una famiglia con una madre e un padre aiuta i bambini a raggiungere la maturità emozionale e imparare come riconoscere la bellezza dei due sessi”.
Monsignor Grysa ha notato che alcuni settori della società “non possono adeguatamente comprendere il significato reale del dono delle persone nel matrimonio, dell’amore responsabile al servizio della paternità e della maternità, e la reale grandezza della procreazione ed educazione”.
La Santa Sede ha anche messo in luce che i genitori “hanno diritti come educatori primari dei loro bambini” e hanno “il grave dovere di prendere responsabilità per l’educazione personale e sociale dei loro bambini”, in quanto “la relazione d’amore tra genitori e bambini non è sostituibile”.
I bambini – ha rimarcato la Santa Sede – hanno anche il diritto di “crescere in una famiglia con un padre e una madre in grado di creare un ambiente sereno per lo sviluppo peno e armonioso del bambino”, mentre l’educazione sessuale è “primariamente ruolo dei genitori”, mentre c’è un “bisogno urgente di promuovere una nuova alleanza tra genitori, scuole e società” che possano “offrire una educazione positiva” rispettando “le primarie responsabilità dei genitori in cooperazione con il lavoro degli insegnanti”.
Venezuela, la Santa Sede prende parte alla mediazione
È stato confermato che c’era anche un rappresentante della Santa Sede agli incontri organizzati in Svezia per cercare di risolvere la questione venezuelana. Sebbene non sia stata diffusa una lista di partecipanti, la Sala Stampa della Santa Sede ha confermato che c’era anche un rappresentante vaticano ai colloqui.
“Il governo svedese – ha sottolineato il ministro svedese per gli Affari Esteri – ha ospitato un incontro a Stoccolma con alcuni attori chiave internazionale a supporto degli attuali sforzi di promuovere urgentemente una soluzione pacifica, politica e democratica alla crisi in Venezuela e di alleviare le difficoltà del popolo venezuelano”.
La partecipazione della Santa Sede conferma l’impegno continuo sul Venezuela. Fino ad ora, la Santa Sede ha sempre cercato di lavorare per una mediazione. Papa Francesco aveva anche inviato l’arcivescovo Claudio Maria Celli come suo inviato speciale. Le relazioni non sono mai state interrotte e infatti c’era un rappresentante della Santa Sede all’installazione del nuovo governo Maduro. La Santa Sede si era ritirata dalla mediazione in Venezuela per non essere strumentalizzata, avendo notato come da nessuna delle parti ci fosse volontà di arrivare da una conclusione.
Presenta le credenziali il nuovo ambasciatore di Bulgaria presso la Santa Sede
È un professore che ha studiato in Italia, cultore del mondo vaticano, il nuovo ambasciatore di Bulgaria presso la Santa Sede. Bogdan Kostantinov Patashev ha presentato il 22 giugno le credenziali a Papa Francesco. Prende il posto di Kirill Topalov, che era stato in visita di congedo lo scorso 29 aprile, alla vigilia del viaggio di Papa Francesco in Bulgaria e Macedonia del Nord.
Classe 1968, l'ambasciatore Patashev ha studiato a Roma, conseguendo nel 1992 un Baccellierato in flosofia alla Pontificia università Urbaniana, nel 1995 un baccellierato in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e una licenza in Teologia al Pontificio Istituto Orientale nel 1997, nonché un master in scultura all'Accademia delle Belle Arti.
Giornalista, ha lavorato a Radio Vaticana, ha commentato questioni vaticane sulla televisione nazionale, è stato dal 2001 al 2006 addetto culturale della Nunziatura Apostolica a Sofia, incaricato media della Conferenza Episcopale Bulgara dal 2009 al 2017 e segretario generale a.i. e portavoce della stessa conferenza episcopale.
Ha ricoperto anche gli incarichi di Ministro-Consigliere e Vice-Ambasciatore, Ambasciata dell’Ordine di Malta (2006-2018) e Docente in Storia di Arte, Educazione e Cultura & Liceo italiano – Gorna Banza, Sofia (2009-2019).