Oltre alla solennità dei Santi Pietro e Paolo, l’occasione della telefonata era data anche dal 20esimo anniversario della visita di San Giovanni Paolo II in Ucraina. Zelensky ha detto che milioni di ucraini hanno “una viva memoria di Giovanni Paolo II e della sua visita in Ucraina”, e ricordato che lo stesso Giovanni Paolo II aveva detto che “l’Europa dovrebbe respirare con due polmoni: l’occidentale e l’orientale”. Secondo Zelensky, l’Ucraina è parte integrante del polmone orientale dell’Europa, e affermato che la visita del Papa in Ucraina è “ossigeno molto necessario”.
“La gente di Ucraina sta aspettando il Papa”, ha detto il pontefice, rinnovando l’invito al Papa a visitare il Paese. Zelensky ha anche rimarcato che in Ucraina le religioni vivono pacificamente insieme, e che non ci sono conflitti tra le fedi, almeno apparentemente.
Allo stesso tempo, Zelensky ha sottolineato la dimensione globale dell’attività del Papa, in particolare le attività sui temi della pace, del dialogo interreligioso, della protezione dei diritti dei rifugiati e la cura dei poveri”.
Zelensky ha ringraziato il Papa per il suo continuo ricordo dell’Ucraina, e ha affrontatto anche i temi del conflitto nell’Ucraina dell’Est, dove 14.000 persone sono morte in Donbas, mentre 1,5 milioni di Ucraini sono stati sfollati. Per questo, Zelensky ha affermato di “non vedere l’ora di lavorare con la Santa Sede e di avere il suo supporto per portatre pace nel Donbas”.
Zelensky ha anche ricordato al Papa che il popolo ucraino è in attesa della beatificazione del metropolita Andryi Sheptytsky. È questo il sogno della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, anche se la causa di beatificazione sembra al momento in stallo.
L’ultimo contatto “diplomatico” tra Ucraina e Santa Sede è avvenuto lo scorso 25 marzo, quando il primo ministro ucraino Denys Shmyhal era stato in Vaticano per incontrare il Papa. In quell’’occasione, il premier aveva consegnato personalmente al Papa l’invito del presidente per visitare il Paese.
Il Segretario di Stato USA Blinken parla del suo incontro con Papa Francesco
Lo scorso 28 giugno, Anthony Blinken, Segretario di Stato USA, ha avuto un incontro con Papa Francesco. Si è trattato del secondo incontro del Papa con un officiale dell’amministrazione Biden, dopo quello di maggio con John Kerry, inviato speciale del presidente per il Clima.
Manca ancora l’incontro con il presidente Biden, e una data possibile per una prima presa di contatto, in forma privatissima, sembra essere quella del 15 giugno. Non sarebbe stato un incontro gestito dalla Seconda Sezione della Segreteria di Stato, né sarebbe passato dalla Prefettura della Casa Pontificia, ma sarebbe stato gestito direttamente dall’entourage del Papa. L’incontro, alla fine, non ha avuto luogo, ma non si può dire sia stato annullato, dato che non è mai stato ufficialmente in agenda.
Durante l’incontro – ha detto Ned Price, il portavoce del Segretario di Stato USA – Blinke ha reiterato l’impegno degli Stati Uniti a lavorare a stretto contatto con la Santa sede per affrontare le sfide globali e le sfide dei più poveri e vulnerabili, inclusi rifugiati e migranti.
Price ha aggiunto che “il segretario di Stato ha ringraziato Papa Francesco per la sua guida sul bisogno di prendersi cura dell’ambiente e affrontare la crisi climatica”. Tra gli argomenti di discussione, la Cina, le crisi umanitarie in Libano, Siria, nella regione del Tigray in Europa e Venezuela”.
Parlando con i giornalisti, Blinken ha detto che il suo incontro con il Papa è stato “estremamente caloroso e di ampio respiro”, durante il quale “si sono coperti molti argomenti, e (parlando solo per me stesso e per gli Stati Uniti) sono stato veramente gratificato dall’incontro e dalla leadership del Papa su pandemia e cambiamento climatica”.
FOCUS MEDIO ORIENTE
L’arcivescovo Gallagher incontra il ministro degli Esteri facente funzioni libanese
In vista della preghiera per la pace in Libano, lo scorso 30 giugno, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha incontrato Zeina Akar, vice primo ministro e ministro degli Esteri facente funzioni. All’incontro era presente l’ambasciatore Farid Khazen, ambasciatore del Libano presso la Santa Sede.
Secondo il ministero degli Esteri libanese, il colloquio ha riguardato l’attuale situazione in Libano e i recenti sviluppi politici economici sociali, nonché l’accresciuta presenza di sfollati siriani nel Paese dei Cedri.
Il nunzio in Libano sulla Giornata di Preghiera dell’1 luglio
L’1 luglio, Papa Francesco ha chiamato tutti i capi cristiani del Libano per pregare insieme in Vaticano per la pace nel Paese dei Cedri. L’arcivescovo Joseph Spiteri, nunzio in Libano, ha spiegato a Vatican News che i capi cristiani del Libano “si conoscono e lavorano già insieme”, e infatti “ci sono già delle strutture, in Medio Oriente, di comunione tra tutte le Chiese cristiane, come il Middle East Council of Churches, la cui presidenza è a turno”. Il Middle East Council of Churches ha anche redatto il Sussidio di Preghiera per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani del 2022.
Il nunzio ha anche notato che “i cristiani vivono insieme da secoli in Libano”, e ci sono “tantissimi matrimoni misti, non solo tra riti cattolici, ma anche con gli ortodossi”.
Per il futuro del Libano, l’arcivescovo Spiteri punta soprattutto sui giovani, perché “il Libano ha sempre avuto una gioventù ben preparata, ha avuto delle strutture educative formidabili: i collegi, le università e possiamo vedere anche tanti giovani libanesi che migrano, che vanno in altri Paesi e riescono a fare molto. Però anche quelli che rimangono, in questa situazione, stanno cercando anche di capire come reinventarsi”.
Dopo questo momento di preghiera, ora per il nunzio è il momento che il mosaico di identità del Libano possa “continuare ad essere una luce in mezzo o al Medio Oriente”. In fondo, “il Libano rimane sempre un po’ un’isola, quasi un’utopia, perché è un Paese democratico, multicomunitario, composto da 18 comunità riconosciute che cercano di condividere insieme la gestione del Paese”.
Iran, preoccupazione per la libertà religiosa
Dopo il non rinnovo del visto a Suor Giuseppina Berti, 75 anni, le autorità iraniane continuano nella loro attività repressiva nei confronti delle minoranze religiose. Ne dà notizia Asia News, l’agenzia del PIME. In Iran sono stati arrestati tre convertiti originari di Fardis, nella provincia di Alborz, incriminati nel maggio scorso in base all’articolo 500 del Codice penale.
Lo scorso 20 maggio, il Parlamento iraniano ha approvato gli emendamenti agli articoli 499 e 500 del Codice Penale Islamico, che prevedono sanzioni contro i colpevoli di “manipolazione psicologica deviante” o “propaganda contraria all’Islam” sia realmente che virtualmente. I colpevoli sono classificati come “sette”, e possono essere puniti con sanzioni che includono multe, fustigazione, reclusione e persino la pena di morte.
Secondo il sito attivista International Christian Concern, i tre arrestati sono i primi finito sotto processo per questi emendamenti. Amin Khaki, Mila Goodarzi e Alireza Nourmohammadi sarebbero stati arrestati per “essersi impegnati in atti di propaganda” di una fede che “educa in modo deviante rispetto alla Santa religione islamica”.
I tre uomini sono sotto osservazione da mesi: lo scorso novembre, le loro case sono state oggetto di raid e perquisizioni di polizia, nel corso dei quali si sono visti confiscati diverso materiale religioso cristiano, mentre all’inizio del 2021 hanno interrogato alcuni famigliari. Tutto sembrava risolto, poi la svolta, con l’arresto dei tre.
Si attendono ora di comprendere i primi passi di Ebrahim Raisi, da poco eletto presidente, per vedere se l’Iran continuerà sulla strada delle limitazioni alle minoranze religiose.
Im ambito cattolico, appunto, da notare il caso di suor Giuseppina Berti, da 26 anni in un lebbrorsario in Iran a curare i malati, cui non è stato rinnovato il visto. Era la sola suora operativa a Isfahan, insieme a Suor Fabiola Weiss, 77 anni, unica cattolica rimasta.
In Iran, ci sono solo quattro diocesi: due arcidiocesi assiro-calde, una diocesi armena e un’arcidiocesi latina. Nella maggior parte dei casi vi è un unico sacerdote, mentre mancano i prelati o non hanno ancora ricevuto l’autorizzazione all’ingresso. Questo è il caso dell’arcivescovo Dominique Mathieu, nominato nel gennaio scorso alla guida di Teheran –Ispahan e ancora in attesa di prendere possesso della diocesi.
Intanto, il 28 giugno, Papa Francesco ha nominato l'arcivescovo Andrzej Józwowicz come nunzio in Iran. La nunziatura era vacante da marzo, quando l'arcivescovo Leo Boccardi era stato nominato "ambasciatore del Papa" in Giappone.
L'arcivescovo Józwowicz, classe 1965, sacerdote dal 1990, è entrato nel 1997 nel servizio diplomatico della Santa Sede. Ha servito nelle nunziature di Mozambico, Thailandia, Singapore, Cambogia, Ungheria, Siria e Iran, e dal 2012 al 2017 è stato segretario della nunziatura apostoli di Russia. Dal marzo 2017 era nunzio in Rwanda.