I cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato, perché sono messi sotto attacco in 143 nazioni. I musulmani sono perseguitati in 140 nazioni, gli ebrei in 87 nazioni.
Le regioni dove cristiani e musulmani sono più perseguitati sono Medio Oriente e Nord Africa, mentre la seconda regione in termini di persecuzione anti-cristiana è quella dell’Asia Pacifico. In dieci anni, le nazioni molto popolate che impongono restrizioni alla religione “alte” o “molto alte” sono cresciute: erano un gruppo di 40, ora sono 52. Ma anche i Paesi cosiddetti democratici sperimentano una crescita di restrizioni: l’Europa ha sperimentato la più grande crescita di restrizioni religiose, che sono raddoppiate nei dieci anni di studio. In particolare, lo studio del Pew Forum nota che “nazioni come la Spagna hanno ristretto le prediche pubbliche e il proselitismo di molti gruppi religioni”.
L’America è il continente in cui ci sono meno restrizioni, eppure anche lì le restrizioni del governo sulle attività religiose sono in crescita: le nazioni americane con restrizioni sulle attività religiosi sono ora 28, mentre erano 16 all’inizio del decennio preso in esame.
Le nazioni con il più alto livello di restrizioni sono Cina, Iran, Russia, Egitto ed Indonesia, mentre quelle con il minor numero di restrizioni sono Sudafrica, Giappone, Filippine, Brasile e Core del Sud. In sole 26 nazioni – secondo il rapporto – tutti i gruppi religiosi sono trattati equamente.
La Conferenza Episcopale del Congo ricevuta dal presidente dell’Uganda
Yoweri Museveni, presidente dell’Uganda ha ricevuto il 23 luglio l’arcivescovo Marcel Utembi, di Kisangani, presidente della Conferenza Episcopale del Congo, con i due segretari. L’incontro è avvenuto a margine della partecipazione alla 18esima assemblea plenaria del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), che sta festeggiando i suoi cinquanta anni.
Il presidente ha voluto questo incontro perché convinto, si legge in un comunicato, che l’impegno della Chiesa per la riconciliazione e contro l’insicurezza nella Repubblica Democratica del Congo possa essere di beneficio con i Paesi vicini e dare stabilità alla regione dei Grandi Laghi. Il colloquio ha riguardato appunto le possibili soluzioni, mentre la Conferenza Episcopale rende noto di aver comunicato preoccupazione per la presenza di ribelli stranieri nel territorio, tra i quali la sigla ugandese ADF-NALU. Da parte sua, il presidente Museveni si è detto determinato a collaborare con le autorità della Repubblica Democratica del Congo per lo smantellamento di questi gruppi armati e ha sottolineato l’importanza di coinvolgere la popolazione in questa lotta.
L’arcivescovo Utembi ha dato, da parte sua, la disponibilità ad accompagnare con le Chiese sorelle come autorità morale gli Stati interessati nella lotta contro l’insicurezza nella subregione dei Grandi Laghi.
Il nunzio in Georgia incontra il presidente del Parlamento georgiano
Dopo l’incontro della scorsa settimana con il primo ministro armeno, l’arcivescovo José Avelino Bettencourt, nunzio apostolico in Armenia e Georgia, ha incontrato il 25 luglio Archil Talakvadze, presidente del Parlamento di Tbilisi. L’incontro è stato l’occasione per discutere le relazioni tra Georgia e Vaticano. La Santa Sede, ha detto l’arcivescovo Bettencourt, supporta con forza la sovranità e l’integrità territoriale della Georgia.
Durante i colloqui, si è parlato anche dei particolari meriti della popolazione cattolica in Georgia nello sviluppo della nazione. Le parti hanno discusso la necessità di scambiare visite di alto livello e hanno espresso impegno per la cooperazione.
Papa Francesco ha visitato la Georgia nell’ottobre 2016. La popolazione cattolica in Georgia è una minoranza molto vitale.Termina il mandato dell’ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede
Tatyana Izhevka è stata dimessa dal suo incarico di ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede: lo ha deciso il neo-presidente Volodymyr Zelenzky, con il decreto 523/2019.
Si tratta di un normale avvicendamento di diplomatici con la nuova presidenza. Nel servizio diplomatico dal 1990, Izhevska è ambasciatore ucraino presso la Santa Sede dal 2007. Nel 2015, è stata insignita della medaglia del Metropolita Andriy Shetptytsky dall’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina. L’arcivescovo maggiore ha riconosciuto il lavoro fatto dall’ambasciatore perché la Santa Sede fosse a conoscenza dei fatti riguardo il conflitto in Ucraina. Ultimo successo diplomatico, la menzione della “guerra” in Ucraina nel comunicato finale dell’incontro di Papa Francesco con sinodo e metropoliti della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, avvenuto all’inizio di luglio.
Il nuovo nunzio in Croazia è l’arcivescovo Giorgio Lingua
Lo scorso 22 luglio, Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Giorgio Lingua come nunzio apostolico in Croazia. Rimpiazza l’arcivescovo Giuseppe Pinto, che aveva lasciato anticipatamente l’incarico lo scorso aprile per ragioni di salute.
Nato nel 1960, piemontese di origine, l’arcivescovo Lingua lascia l’incarico di nunzio apostolico a Cuba preso nel 2015. Aveva, in quell’incarico, seguito e curato in prima persona la visita del Santo Padre all’Avana.
Lingua è nel servizio diplomatico vaticano dal 1992, quando era uno dei più giovani. Ha servito nelle delegazioni della Santa Sede negli Stati Uniti, in Costa D’Avorio, in Serbia. È stato nunzio in Giordania e in Iraq.
Sud Sudan: l’arcivescovo Gallagher riceve una delegazione di Sant’Egidio
Lo scorso 25 luglio, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher ha ricevuto una delegazione del National Pre-Transitional Committee, a Roma su invito della Comunità di Sant’Egidio e del Sout Sudan Council of Churches per colloqui sul processo di riconciliazione nazionale nel Paese.
Papa Francesco ha ricevuto lo scorso aprile i leader delle autorità politiche e religiose sud-sudanesi, guidando un incontro di preghiera, e sostiene lo sviluppo del processo di pace. Il comitato transnazionale è composto da ministri del governo del Sud Sudan e da rappresentanti di tutte le forze politiche di opposizione.
La Santa Sede segue con attenzione l’evolversi della situazione in Sud Sudan, dove ha stabilito una sede di nunziatura guidata da un incaricato di affari. La nunziatura in Sud Sudan è legata alla nunziatura in Kenya.
Migranti e rifugiati, l’appello dell’ICMC al governo degli Stati Uniti
La International Catholic Migration Commission (ICMC) ha chiesto lo scorso 19 luglio all’amministrazione degli Stati Uniti di conservare la storia di accoglienza e solidarietà della nazione verso i rifugiati più vulnerabili sostenendo il programma di assistenza dei rifugiati per la collocazione.
L’ICMC, che raggruppa le commissioni migranti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo, fornisce un grande servizio proprio nell’aiutare i migranti a ricollocarsi, come partner dello US Refugees Assistance Program.
L’appello dell’organizzazione fa seguito a recenti notizie che sostengono come il governo USA stia considerando una drastica riduzione del numero di rifugiati da ammettere al programma, tagliando il numero quasi a zero per l’anno 2020.
Monsignor Bob Vitillo, segretario generale dell’ICMC, ha sottolineato che “dalla nostra fondazione nel 1951, l’ICMC ha avuto il privilegio di restaurare la dignità e ispirare cambiamento per centinaia di migliaia di rifugiati facilitandone la ricollocazione negli Stati Uniti e in molte altre nazioni”.
Tra i rifugiati, ci sono “minoranze etniche e religiose e vittime di tortura e violenza di genere, impossibilitati e tornare nelle loro case di origine, che spesso sperimentano una mancanza di adeguata protezione nelle nazioni dove hanno per primi cercato rifugio”.
Sono molti i rifugiati che hanno atteso per anni, in precarie condizioni, di trovare collocamento, e oggi ci sono circa 26 milioni di rifugiati che hanno lasciato la guerra, persecuzione e violenza e solo il 7 per cento delle richieste di ricollocamento è stata soddisfatta.
La situazione della Porta di Giaffa
Tre lettere sono state inviate in Vaticano dal ministero degli Esteri e dalla municipalità di Betlemme riguardo la questione della Porta di Giaffa, dove un gruppo ebraico ha acquisito una serie di proprietà dalla Chiesa greco ortodossa. La Chiesa ortodossa reclama che la vendita non sia stata regolare, ma le sentenze del tribunale hanno dato ragione agli acquirenti. Sono scese in campo anche le tredici chiese cristiane di Terrasanta.
In una lettera inviata lo scorso 16 giugno dal presidente palestinese Mahmod Abbas direttamente a Papa Francesco si sottolinea che “la comunità internazionale non riconosce la giurisdizione di Israele sull’occupata Gerusalemme Est, e questo rende la decisione del tribunale nulla e vuota sotto il profilo dell’ordine internazionale. Il trasferimento di popolazione civile israeliana nel territorio occupato è una chiara violazione della quarta convenzione di Ginevra.”
Secondo Mahmood Abbas, la decisione del tribunale rappresenta una seria minaccia alla presenza cristiana a Gerusalemme, e mette a rischio tutte le Chiese”. Per questo, il presidente palestinese chiede al Papa supporto a “mantenere la presenza cristiana nella città, assicurare la preservazione dello Statu Quo e il mosaico della città e rigettare le misure illegali di Gerusalemme”.
Il 18 luglio, Riad Malki, ministro degli Affari Esteri di Palestina, ha invece inviato una lunga missiva all’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro per i rapporti con gli Stati. Anche in questa lettera, si sottolineava come la comunità internazionale non riconosca la sovranità di Israele sulla città di Gerusalemme, mostra preoccupazione per le azioni della attuale amministrazione USA che destano preoccupazione, come “il riconoscimento unilaterale di Gerusalemme come capitale dello Stato”, e reitera preoccupazione per le sentenze sulla porta di Giaffa, nonché per la decisione dell’Alta Corte di Giustizia di Israele dell’11 giugno 2019, quando è stata respinta una petizione dei residenti di Sur Bahir, cittadina palestinese a Gerusalemme Est, e ora questi abitanti hanno ricevuto una “notifica di intento di demolizione” secondo la quale devono lasciare le loro case entro 30 giorni prima della demolizione.
Il ministro degli Esteri palestinese nota che “non ritenere Israele responsabile per le sue rotture della legge internazionale ha portato grande ingiustizia al popolo palestinese”. È di ieri la decisione dell'Autorità Palestinese di rompere ogni accordo in essere con Israele per via della demolizione.
Infine, le tre municipalità di Betlemme, Beit Jala e Beit Sabour hanno scritto al Papa lo scorso 19 luglio, sempre sul tema della Porta di Giaffa. “Temiamo – hanno scritto – che il controllo di una organizzazione estremista coloniale sulle nostre proprietà cristiane possa mettere a rischio il mosaico di diversità nel quartiere cristiano e alla fine impedire il nostro accesso ai nostri luoghi santi".
Le tre municipalità hanno anche affrontato la questione del muro di Cremisan, che ha tagliato in due la valle.