Città del Vaticano , giovedì, 2. febbraio, 2023 12:30 (ACI Stampa).
Papa Francesco non ha mancato di mostrare il suo sostegno, parlando a braccio e consegnando il discorso. Il Cardinale Pietro Parolin, che è stato due volte in craina da quando è Segretario di Stato, ha mostrato vicinanza e comprensione. Hanno partecipato ai Vespri di chiusura della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani a San Paolo Fuori le Mura, rendendosi visibili. Il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose aveva però anche un obiettivo più grande per il suo viaggio a Roma: dimostrare che le organizzazioni religiose possono davvero essere il futuro dell’Ucraina.
Non è una motivazione banale. Prima dell’inizio della guerra, l’Ucraina era stato il teatro di quello che è stato chiamato “lo scisma ortodosso”, perché il Patriarcato di Mosca non aveva accettato l’autocefalia (ovvero, l’autonomia) garantita dal Patriarcato di Costantinopoli alla Chiesa Ortodossa Russa. L’Ucraina, era il ragionamento, era territorio canonico di Mosca, e dunque era un abuso. E forse è stato lì che ci sono stati i primi scricchiolii in una situazione già resa difficile dall’annessione della Crimea nel 2014 e poi dalla costituzione delle autoproclamate repubbliche del Donbass e Luhansk.
Ebbene, in questa situazione di guerra, le Chiese comunque riuscivano a lavorare insieme. Il Consiglio Pan-Ucraino è nato nel 1996, e include il 95 per cento delle organizzazioni religiose ucraine. La presidenza cambia ogni sei mesi. Vi siedono insieme la Chiesa Ortodossa Ucraina che quella legata a Mosca, e insieme lavorano, e insieme erano a Roma. Fanno comunicati per i diritti umani, si occupano del rapporto Stato-Chiesa, sono voce ascoltata. E raccontano un mondo in cui diverse confessioni possono collaborare insieme per la pace.
A conclusione della loro visita, in una conferenza stampa il 26 gennaio, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha descritto così la situazione: “Ho insegnato anni la morale sociale della Chiesa cattolica che non parla più di guerra giusta ma di costruzione della pace nel mondo. Ma quando ho visto le fosse comuni e ho visto i cadaveri di donne e di giovani, ho ripensato a tutta la dottrina della Chiesa cattolica che ho insegnato per anni. Mi sono chiesto: come possiamo fare per fermare l’aggressore? Come possiamo proteggere la vita? Devo dire che questa domanda ancora oggi rimane aperta. Se voi sapete come fermare i carri armati russi senza usare le armi, vi saremmo grati”.
In realtà, i videomessaggi di Sua Beatitudine sono già il tentativo di costruire una dottrina sociale cattolica che possa funzionare in tempo di guerra. Una catechesi di tipo innovativo, nuovo, importante.