Bergamo , venerdì, 3. aprile, 2020 9:00 (ACI Stampa).
L’Italia da settimane è piombata nell’incubo del coronavirus che sta mietendo vittime di giorno in giorno. La Lombardia è la regione più colpito da questo nemico invisibile e la provincia di Bergamo sta pagando un tributo altissimo in termini di vite umane. ACI Stampa ha raggiunto il Vescovo di Bergamo, Monsignor Francesco Beschi, al quale ha chiesto - in questa intervista - di fare il punto della situazione con uno sguardo al futuro.
Eccellenza, come state vivendo questo difficilissimo momento di prova?
Questo momento ci sia un grandissimo bisogno di vicinanza. Ma questa vicinanza non basta. L’urgenza ha fatto scattare una solidarietà generosamente impressionante. La solidarietà ha poi fatto nascere il senso di prossimità. La diocesi conta 400 parrocchie circa e veramente sto vedendo manifestazioni le più disparate, fantasiose, nuove, per promuovere questa vicinanza. Le parrocchie si sono mosse sui social, con celebrazioni in streaming, con proposte di video e di testi in chat o videochat, studiando app, rivitalizzando le radio parrocchiali, per offrire iniziative ai ragazzi a casa, riflessioni per gli adulti via chat, pillole audio con storie o canti per fare compagnia agli anziani. Io, come Vescovo, attraverso la televisione diocesana, offro quattro momenti alla settimana: il rosario al martedì, la via crucis al venerdì, una breve catechesi per i giovani al sabato sera all’ora di cena e la Messa dalla Cattedrale alla domenica mattina. La stessa curia ha del materiale in supporto sul sito www.diocesibg.it e www.oratoribg.it in modo particolare per i ragazzi a casa con proposte specifiche per loro. C’è poi un impegno della diocesi per ospitare in alcune strutture persone che vengono dimesse dagli ospedali e necessitano di quarantena che però non possono vivere nelle loro case perché non hanno spazi adatti, essendo che tutti sono costretti a stare nelle abitazioni anche i bambini essendo chiuse scuole e attività. Abbiamo costruito poi anche un servizio telefonico che abbiamo aperto di consolazione spirituale e di supporto psicologico, con una settantina tra sacerdoti, religiosi e religiose, laici tra cui psicologi, per sostenere tutte le persone che in famiglia stanno vivendo particolari situazioni di dolore per la malattia e la morte, ma anche infermieri, medici, coloro che in diverso modo si stanno adoperando donando eroicamente le loro forze. E poi c’è una mail a cui le famiglie possono inviare le loro intenzioni e sono affidate alle monache di clausura per una intercessione continua di tutti i monasteri a cui vengono distribuite. Tutto questo mi sembra vada nella direzione dell’avvertenza e della consapevolezza che Dio, che pure sta nella prova con noi, non ci sta abbandonando.
La sua diocesi ha pagato un tributo altissimo in termini sacerdoti uccisi dal virus…
Dal 6 marzo sono morti 25 sacerdoti per il virus e una ventina sono ricoverati e alcuni sono gravi. Anche questo è segno di profonda dedizione. A conforto, devo dire anche che sessanta sacerdoti sono migliorati notevolmente e altri sono già usciti dall'ospedale. Questo è un segno che ci conforta molto. Stiamo vivendo questa pena condividendola con quella delle nostre comunità insieme al numero dei contagiati, dei malati e un elevato numero di morti. Non siamo separati dalla nostra comunità nemmeno nel passaggio della morte. Qui, le morti veramente si moltiplicano e per adesso non solo non diminuiscono, ma crescono. Coloro che muoiono sono tanti. Negli ospedali muoiono coloro che sono più gravi, ma molti muoiono nelle loro case e non rientrano nei conteggi ufficiali. Veramente non si sa più dove metterli. Vengono allora utilizzate anche alcune chiese: è un gesto di tenerezza verso persone che muoiono da sole e anche le loro salme rischiano di rimanere accatastate. Che siano in una chiesa è un dono di rispetto e di premura. Tutto questo è accompagnato da sentimenti molto profondi. Mi ha telefonato un sacerdote che ha perso il suo papà, lui è in quarantena, la mamma è in quarantena da sola in un'altra casa. I suoi fratelli sono in quarantena, non si fa alcun funerale, verrà portato al cimitero e verrà sepolto, senza che nessuno possa partecipare a questo momento della pietà umana e cristiana che si rivela adesso così importante perché viene a mancare. Inoltre, quando il malato viene portato via da casa con l’ambulanza e ricoverato tra gli infettivi o in terapia intensiva i familiari non lo vedono più, non lo sentono più, non possono parlargli neanche telefonicamente. Il dolore è immenso.