Napoli , giovedì, 5. dicembre, 2024 9:00 (ACI Stampa).
Tra i 21 cardinali che saranno creati dal Papa nel concistoro di sabato prossimo c’è anche Monsignor Domenico Battaglia, Arcivescovo metropolita di Napoli. Il suo nome è stato annunciato solo in un secondo momento tramite un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede il 4 novembre scorso. Calabrese, 62 anni il prossimo 20 gennaio, Monsignor Battaglia – che in diocesi si fa chiamare semplicemente Don Mimmo – è stato nominato Arcivescovo metropolita di Napoli alla fine del 2020, è succeduto al Cardinale Crescenzio Sepe. In precedenza era stato vescovo di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti. Durante il suo ministero presbiterale ha guidato per oltre 20 anni a Catanzaro un centro per il recupero dei tossicodipendenti. ACI Stampa ha rivolto alcune domande al neo porporato.
La mia prima reazione è stata un profondo silenzio interiore, abitato dallo stupore ma anche dal timore. In quel momento ho sentito tutto il peso e la grazia di una chiamata che non avevo cercato né immaginato. E da subito mi sono convinto del fatto che questa nomina non è un riconoscimento personale, ma un appello a sognare insieme al nostro Sud una Chiesa ancora più vicina, una Chiesa che si sporca le mani, che non ha paura delle periferie e che si lascia guidare dalla forza trasformante del Vangelo.
Che senso ha per lei oggi, in questo contesto storico per Napoli e per la Chiesa, diventare cardinale? Il Santo Padre le chiederà un impegno “fino all'effusione del sangue”…
Diventare cardinale in questo tempo e in questa città significa abbracciare la croce dei più deboli, fare spazio ai loro sogni e alle loro lotte, condividere la speranza di chi, pur tra mille difficoltà, continua a credere in un futuro diverso. Napoli è una città che sa cosa significa vivere tra ferite profonde, ma è anche un luogo dove il cuore della gente non smette mai di battere forte verso la direzione della prossimità. Napoli quando ama, ama totalmente e credo che in questo, il mio popolo, possa aiutarmi in questa totalità della donazione. C’è da dare tutto, fino all’effusione del sangue, che non vuol dire altro che vivere come il Maestro ci ha insegnato: senza calcoli, senza riserve, mettendo l’amore al centro. Don Tonino Bello diceva: “Non abbiamo il diritto di sederci sul bordo della strada a guardare chi passa; dobbiamo riprendere il cammino con il Vangelo tra le mani e la povertà nel cuore”. Questo è il senso della porpora: servizio, non onore.
In più occasioni Lei ha fatto riferimento al Vescovo don Tonino Bello. È certamente una delle sue fonti di ispirazione. Si può dire che questa porpora è un po' anche di don Tonino Bello?