Non si comprende il Concilio Vaticano I senza il dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato l’8 dicembre 1854 e il Sillabo dell’8 dicembre 1864. Un progetto unitario di Pio IX, segnato dalla ricorrenza dell’8 dicembre, che punta proprio a difendere la Chiesa.
Non è un caso che il primo pensiero di un Concilio comincia a balenarsi in Pio IX poco prima della pubblicazione del Sillabo. E anche del Sillabo andrebbe fatta una rilettura, perché viene spesso usato come prova che Pio IX si opponeva alla modernità, andando a contrastare tutte le idee liberali, inclusa quella di libertà religiosa e libertà di coscienza.
Si deve, però, considerare che il Sillabo fu concepito come un atto dovuto della missione del Papa di garantire l’ortodossia cattolica, e che, certo, fu probabilmente influenzato da alcune circostanze: la politica anti-ecclesiastica di Napoleone III in Francia e dei Savoia in Italia; l’occupazione delle legazioni dell’Umbria e delle Marche; l’anticlericalismo del Risorgimento. Situazioni che portavano a far sentire il bisogno di riaccreditare la diminuita autorità del Papa.
Eppure, il Sillabo (una appendice dell’enciclica Quanta Cura) è stato a lungo studiato, da cardinali, vescovi, rettori, in un dibattito che ha coperto un arco di 15 anni, ed è destinato alla Chiesa universale, composto di 80 preposizioni secche, essenziali, che elencano gli errori della nostra epoca, ma che non hanno la natura teologica che qualifichi le idee condannate come eretiche. Questioni di sfumature, certo. Ma sfumature fondamentali. Perché mostrano come il Sillabo non avesse alcun significato politico.
Sottolinea ancora Angela Pellicciari: “Papa Mastai Ferretti difende la dottrina di salvezza di cui è custode, perfettamente compiuta in Cristo e non bisognosa di alcun miglioramento. Difende la possibilità per l’uomo di operare scelte assolute (difende i voti religiosi e l’indissolubilità del matrimonio), come la capacità del vicario di Cristo di fare scelte infallibili. Pio IX difende contro tutto e contro tutti la verità cattolica che il «feroce odio di origine chiaramente diabolica contro la nostra religione» (Gravissimum supremi, 1866) prova con tutti i mezzi a distruggere”.
Si tratta, insomma, di questioni di fede. E si arriva così a quell’8 dicembre 1869. Il Credo pronunciato da Pio IX è una dichiarazione programmatica.
“Con fermezza di fede – afferma Pio IX - ammetto ed abbraccio le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche e le altre pratiche e costituzioni della stessa chiesa. Così pure accetto la sacra scrittura nel senso che ha ritenuto e ritiene la Santa Madre Chiesa, cui è riservato giudicare del senso vero e dell’interpretazione delle sacre scritture; e non l’accetterò ed interpreterò mai se non secondo l’unanime consenso dei padri”.
E poi, alla conclusione. “Io, Pio, prometto solennemente e giuro di ritenere fermissimamente, con l’aiuto di Dio, questa vera fede cattolica, - fuori della quale nessuno potrà esser salvo, e che ora spontaneamente professo e ritengo veramente - integra e senza macchia fino all’ultimo respiro della mia vita, e di cercare (che essa sia ritenuta) da tutti, per quanto è in me”.
C’è un giornale, a Roma, che segue il Concilio Vaticano I passo dopo passo, nella rubrica “Cose interne”: è l’Osservatore Romano, nato nel 1861, allora ancora non giornale vaticano, ma che pure nasce con lo scopo, dichiarato al ministero dell’Interno per chiedere l’autorizzazione della pubblicazione, di “smascherare e confutare le calunnie che si scagliano contro di Roma e del pontificato romano”. Nel 1870, dopo la presa di Roma, L’Osservatore resterà l’unico giornale legato alla Santa Sede, perché il quotidiano ufficiale dello Stato Pontificio, il giornale di Roma, viene soppresso.
Ma la presa di Roma segna anche la sospensione del Concilio Vaticano I. Aveva, in quell’anno di vita , prodotto vivace dibattito tra i 700 vescovi partecipanti e due costituzioni.
La prima è la Dei Filius, che spiegava come esistesse un Dio personale che ha creato liberamente il mondo e lo governa con la sua provvidenza; che l’esistenza di Dio può essere conosciuta e dimostrata con la ragione, ma resta la necessità della rivelazione; non c’è opposizione tra fede e ragione.
La seconda è la Pastor Aeternus, che è quella sull’infallibilità in cui si sottolinea che il Papa, quando parla ex cathedra, gode “di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e i costumi.
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Poi, con la presa di Roma, il Concilio fu sospeso perché non poteva più essere libero, e chiuso definitivamente solo nel 1962, quando comincerà il Concilio Vaticano II. In tutti quegli anni, era cambiato l’approccio: il Concilio Vaticano I doveva difendersi dal mondo, il Concilio Vaticano II puntava ad andare nel mondo per evangelizzarlo. Ma non può esistere il Secondo senza il Primo, e non c’è Chiesa senza verità di fede.
Centocinquanta anni dopo, restano forti gli attacchi alla dottrina della Chiesa, e molte sono state le iniziative per difenderla, come, ad esempio, il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica o la dichiarazione Dominus Iesus. Si è trattato di modi diversi di portare avanti lo stesso obiettivo, in situazioni diverse.
Certo, il Concilio Vaticano I non nasceva solo in un clima di ostilità, ma di vera e propria guerra contro la Chiesa. E se poi la perdita dello Stato pontificio fu provvidenziale, come spiegò Benedetto XVI durante il viaggio in Germania nel 2011, perché liberò la Chiesa dalle sovrastrutture, è vero che la Chiesa non si difese militarmente, ma difese piuttosto la fede dei semplici.
E lo faceva anche perché quel tempo fu tempo di rivelazioni. Da Santa Margherita Alacoque che chiede di costruire una basilica al re di Francia – auspicio che si realizzerà solo molto dopo con la costruzione della Basilica di Montmartre – alla medaglia miracolosa di Santa Caterina Labouré di cui Pio IX fece uso, alle apparizioni di Lourdes.
È un tempo difficile per i cattolici, un tempo in cui crollano le loro certezze. La Madonna viene in soccorso con rivelazioni, Pio IX prova a dare un fondamento intellettuale al tutto con il Concilio. E, sì, forse la storia andrebbe riletta al di fuori dell’ottica risorgimentale perché possa essere compresa in appieno.