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Come è possibile scoprire Gesù nei poveri? “Bisogna conoscerli e parlarci"

Fra Marcello Longhi, presidente OSF rilegge il messaggio per la VII Giornata dei Poveri

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“Soffermarci sul Libro di Tobia, un testo poco conosciuto dell’Antico Testamento, avvincente e ricco di sapienza, ci permetterà di entrare meglio nel contenuto che l’autore sacro desidera trasmettere. Davanti a noi si apre una scena di vita familiare: un padre, Tobi, saluta il figlio, Tobia, che sta per intraprendere un lungo viaggio. Il vecchio Tobi teme di non poter più rivedere il figlio e per questo gli lascia il suo ‘testamento spirituale’. Lui è stato un deportato a Ninive ed ora è cieco, dunque doppiamente povero, ma ha sempre avuto una certezza, espressa dal nome che porta: ‘il Signore è stato il mio bene’. Quest’uomo, che ha confidato sempre nel Signore, da buon padre desidera lasciare al figlio non tanto qualche bene materiale, ma la testimonianza del cammino da seguire nella vita”.

Questo ha scritto Papa Francesco nel messaggio ‘Non distogliere lo sguardo dai poveri’ in occasione della VII giornata mondiale dei poveri, che si svolgerà domenica 19 novembre, sottolineando che lo sguardo di un povero cambia direzione alla vita di chi lo incrocia, ma bisogna avere il coraggio di restare su quegli occhi e poi agire aiutando, non secondo le nostre necessità o il nostro volerci liberare dal superfluo, ma in base a quello che serve all’altro.

Partendo da questo passaggio a fra Marcello Longhi, presidente OSF, abbiamo chiesto di spiegare il motivo per cui nel messaggio papa Francesco invita a non distogliere lo sguardo dal povero: “Papa Francesco ci ricorda che se non distogliamo lo sguardo dal povero, non distogliamo nemmeno lo sguardo da Lui, perché le persone in povertà sono il volto di Gesù. Nello stesso tempo, tenendo lo sguardo aperto su chi è in povertà, non ci dimentichiamo nemmeno chi siamo e teniamo lo sguardo anche su noi, perché siamo di fronte a Dio, tutti poveri. Allora la compagnia dei poveri ricorda anche chi siamo noi. Oltre a darci la possibilità di vedere il volto di Dio ci ricorda anche il nostro essere. Stare vicino ai poveri a me aiuta a leggere bene anche me stesso ed a non ‘buttare’ via la vita; per cui credo che sia per questo che il papa ci invita a non distogliere lo sguardo dai poveri”.

Per quale motivo nel messaggio il papa ha scelto di raccontare la storia di Tobia?

“Credo che la storia di Tobia sia una storia di un uomo tanto giusto e concreto, anche tanto umile, che ha saputo pagare senza paura il ‘prezzo’ delle sue scelte di amore; tra l’altro, questo gesto di carità, che è quello di seppellire i morti, non scontato e pieno di umanità, ci dice che Tobia era un uomo veramente buono e pieno di Dio. E’ anche un uomo che ha sperimentato un prezzo amaro per questa sua bontà; il papa racconta che, nonostante facesse il bene, è capitata anche la ‘sventura’ di diventare cieco. Eppure Tobia non rinuncia ad essere un uomo di carità e di amore; sa attraversare anche una prova brutta, che è quella della cecità, ma senza rinnegare la sua scelta di carità. In questo Tobia è un compagno di vita; è un uomo concreto, che invita a non disperare, perché ha saputo attraversare momenti molto duri, come capita a tanti”.

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Come è possibile scoprire Gesù nei poveri?

“Bisogna conoscerli e parlarci; bisogna non avere paura di farci raccontare la loro vita. Bisogna decidere di essere amici delle persone in povertà e di presentarci a loro con lo stesso rispetto con cui ci presentiamo ai nostri amici ‘normali’. Si ‘scopre’ Gesù nei poveri nel momento in cui apriamo con loro canali di amicizia. Allora ci accorgiamo che anche nei poveri Gesù si rivela. Stando con loro possiamo capire cose che i ricchi non capiranno mai. E’per questo che Gesù desiderava stare con loro”.

La povertà è in crescita anche tra gli italiani: in quale modo è possibile arginarla?

“Credo che soprattutto è possibile prevenire le situazioni di povertà. Questo significa avvicinare le persone a rischio di povertà, aiutandole a non cadere in povertà. La prevenzione verso quelle situazioni che generano povertà è la prima cosa da fare: questo certamente le comunità cristiane, le associazioni e la politica. La povertà si argina prevenendola. Poi, certamente, bisogna anche decidere di accompagnare chi è caduto in povertà e di riportarlo in una situazione di dignità e di autonomia. Poi credo che un indice di progresso sia quello di una società che sa sostenere i suoi membri, che fanno fatica, perché quando una parte della società marcisce è come quando una parte del corpo che marcisce: alla fine tutto il corpo va in grave sofferenza. E’ un segno di grandissima civiltà quello di saperci prendere cura anche di quei cittadini che vivono nella povertà; essere vicino ai poveri è la forma più bella di carità cristiana e di vivere il Vangelo; ed è un’avventura che dona tantissimo a chi sceglie di viverla, perché la compagnia con i poveri dona tantissimo e chi ha donato lo sa. Se uno compie la propria parte la povertà può essere arginata”.

Quale è la missione dell’Opera di San Francesco?

“La missione è quella di dare una mano ad ogni persona tutti i giorni, riconoscendo in lei la presenza di Gesù. La nostra missione è quella di fare compagnia alle persone in povertà con l’obiettivo di riportarle ad una vita di dignitosa autonomia. La nostra missione è quella di non negare a nessuno la possibilità di non affondare nella povertà degradante. Il nostro obiettivo è di impedire questo ed accompagnare ogni persona a vivere bene. Facciamo tutto ciò con la delicatezza di san Francesco di Assisi. Vogliamo realizzare questa presenza, dando la possibilità ai volontari di rendere concreto questo amore per le persone. L’Opera di San Francesco può contare su 1300 volontari e su 70 dipendenti, che insieme fanno in modo che ogni giorno sia possibile offrire qualcosa di bello e di buono a chi si rivolge a noi in situazioni di difficoltà”.       

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