Varsavia , lunedì, 10. agosto, 2020 12:30 (ACI Stampa).
Tutto inizia il primo agosto del 1944, ma prosegue fino al 2 ottobre dello stesso anno. La rivolta di Varsavia del 1944 contro i nazisti è uno dei capitoli più tragici e al tempo stesso gloriosi della resistenza. Fallita militarmente ma con eroi non solo tra i soldati dell’esercito che tennero testo da soli alle forze superiori, ma soprattutto nel clero.
Durante i sessantatré giorni della Rivolta di Varsavia, circa 150 sacerdoti diocesani e molte suore fornirono agli insorti e ai civili cure pastorali e mediche e riparo.
I cappellani della Rivolta celebravano Sante Messe tra bombe cadute e proiettili di artiglieria, celebravano funzioni religiose nei luoghi di raduni d'allarme, benedicevano le bandiere delle truppe, confessavano, distribuivano la Santa Comunione, assolti in articulo mortis (di fronte alla morte), seppellì i morti. Hanno anche battezzato bambini e benedetto matrimoni.
Furono uccisi una quarantina di cappellani. Tra loro c'era padre Michal Czartoryski, un domenicano che non voleva lasciare i feriti gravi dell'ospedale da campo di Powisle ed è stato ucciso dai tedeschi insieme a loro. Inoltre p. Jozef Stanek, un pallottino, che ha aiutato i feriti, i morenti e i civili fino alla fine. I tedeschi lo hanno appeso con la sua stessa stola. Entrambi i sacerdoti sono tra i 108 martiri della seconda guerra mondiale beatificati da Giovanni Paolo II nel 1999 a Varsavia.
Tra i cappellani della Rivolta c'erano anche sacerdoti molto conosciuti come p. Stefan Wyszynski, divenuto poi Primate di Polonia, e padre Jan Zieja o il vescovo Stanislaw Adamski, che hanno rischiato la vita per amministrare i sacramenti agli insorti e aiutare i civili. Fr. Wyszynski ha anche confessato i tedeschi feriti perché conosceva bene il tedesco.