In che modo l’ideologia gender mette a rischio l’evangelizzazione? Il Cardinale Eijk elenca tre motivi.
Prima di tutto – spiega il Cardinale Eijk – la teoria del gender “contraddice radicalmente l’insegnamento della Chiesa che il rapporto sessuale ha il suo posto solo fra un uomo e la donna dentro il matrimonio e deve essere sempre aperto alla procreazione”, mentre implica piuttosto “una libera scelta del genere indipendentemente del sesso biologico”, accetta la “attività sessuale che gli conviene”, promuove il matrimonio tra persone dello stesso sesso, la maternità surrogata e la riproduzione artificiale.
Il secondo motivo è che la teoria “promuove la legittimazione dell’aborto procurato, sotto i termini eufemistici dei diritti sessuali e riproduttivi, per prevenire che una donna, involontariamente incinta, sia costretta ad assumersi il ruolo di madre”, e questo perché la teoria nasce dal femminismo radicale che vede nella maternità “un ruolo imposto alla donna nel passato”.
Il terzo motivo è che il gender “impedisce la proclamazione della fede cristiana di per sé, minando i ruoli del padre, della madre, degli sposi, del matrimonio e del rapporto fra figli e genitori”, perché “il togliere o cambiare i significati del padre, della madre, del matrimonio, della paternità e della maternità rende difficile annunziare la fede in Dio in tre persone il Dio Padre, Cristo come il Figlio del Dio Padre, fattosi uomo, e Maria come la sposa dello Spirito Santo”.
Questi tre motivi sono alla base della preoccupazione del Cardinale, che non manca di notare come “molte organizzazioni internazionali mirano a introdurre ovunque, quindi anche fuori del mondo occidentale, il rispetto della libertà dell’individuo di poter scegliere la sua identità del gender insieme a ciò che si chiama in inglese ‘gender equity’, l’equità del gender”, e lo fanno anche imponendo alle autorità “mediante i sussidi finanziari - o mediante la minaccia di non fornirli - a garantire agli individui la libertà di scegliere il proprio gender”, e persino a “facilitare questa scelta nel caso del trangender, offrendogli i trattamenti medici o chirurgici, se necessari per adattare le caratteristiche sessuali biologiche al gender scelto”, tanto che “in molti paesi occidentali l’assicurazione malattie basale o il sistemo nazionale di salute compensano in gran parte o completamente i costi di questi trattamenti e operazioni”.
Ritracciando la storia dell’ideologia gender, il Cardinale Eijk ne trova le radici nel femminismo radicalizzato, convinto “che il ruolo della donna sposata come uno strumento per la procreazione e l’educazione della prole sia solo un ruolo sociale, impostole finora dalla società”, così come “che possa e anche debba essere liberata da quello tramite la contraccezione e la riproduzione artificiale”.
Una teoria che nasceva proprio negli anni in cui veniva diffusa la contraccezione ormonale, che “ha reso possibile ciò che si chiama la liberazione della donna della sua biologia riproduttiva”.
Il problema è che oggi l’opinione pubblica, nota l’arcivescovo di Utrecht, accetta facilmente il “distaccamento totale del genere dal sesso biologico” a causa dell’iperindividualismo che porta ciascuno ad avere una etica autonoma e una visione dell’uomo che non lo considera come unione di mente e corpo, ma solo di mente.
Eppure, aggiunge il Cardinale, “il corpo umano non è un dato bruto ma, appartenendo all’essere della persona umana, ha i suoi fini e significati che questa stessa non può cambiare. L’uomo e la donna non sono due specie diverse, ma rappresentano due partecipazioni diverse e mutuamente complementari nella stessa natura umana”.
È una complementarietà che “non è una differenza di perfezione o rango, ma il loro ruolo reciproco nella procreazione”, perché “né l’uomo solo né la donna sola è in grado di procreare. Lo possono fare soltanto insieme: la moglie dona la paternità al marito e il marito la maternità alla moglie”.
La risposta è anche teologica, e il Cardinale Eijk ne trova una nella teologia del corpo di San Giovanni Paolo II. Perché se “i femministi radicali cercano il disprezzo della donna come oggetto di piaceri carnali e di sottopressione e come madre, un essere destinata in modo piuttosto funzionale per la riproduzione e l’educazione, in un ruolo, un genere, che la società l’avrebbe imposto”, San Giovanni Paolo II “cerca la fonte del disprezzo della donna nel peccato originale, che ha offuscato l’essere stato creato in immagine di Dio sia nell’uomo che nella donna, ma con delle conseguenze più gravi per l’ultima”.
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