Roma , giovedì, 17. ottobre, 2019 9:00 (ACI Stampa).
Si porta dentro l’Europa, con la sua esperienza e la sua storia, anche al Sinodo Speciale sulla Regione Panamazzonica. Il Cardinale Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, è stato nominato membro del Sinodo direttamente da Papa Francesco. Vi arriva dopo la plenaria annuale dei vescovi europei, che si è tenuta a Santiago di Compostela, con il tema “Europa, tempo di risveglio? I segni della speranza”. E sì, c’è speranza, ed è una speranza che si centra su Cristo, afferma il Cardinale. Che poi, guardando al Sinodo, sottolinea: “Sono qui, con la mia esperienza europea, perché la Chiesa non è una federazione di qualcosa, è una somma di addendi, ma è una armonia”.
Al termine della vostra plenaria, avete diffuso un comunicato in cui veniva sottolineato che la risposta vera alle domande di senso è Cristo. Perché l’Europa ha ancora bisogno di annuncio?
Abbiamo ascoltato la testimonianza dei presidenti, ci siamo raccontati nei gruppi di studio, abbiamo parlato soprattutto della situazione delle nostre Chiese e dei nostri popoli. Volevamo guardare alle cose belle che ci sono, e per questo il titolo della plenaria è stato dedicato ai “segni di speranza”. Ma oltre alle cose belle ci sono le cose cattive. Percepiamo un senso di smarrimento profondo, specialmente tra le giovani generazioni, che vivono molta incertezza riguardo il futuro. E, come pastori, siamo certi che la risposta più importante, più decisiva, sia proprio la voce del Signore.
Durante i vostri incontri, avete potuto fare una “mappatura” dell’Europa, definendo dove Dio è presente e dove Dio manca di più?
È difficile dire dove Dio manca, ma è più facile dire dove Dio c’è. Lo possiamo fare con un criterio di carattere storico, sociale e religioso. L’Europa del Centro Est ha una esperienza dolorosa che l’Europa occidentale non ha allo stesso modo. Parlo della persecuzione, dell’oppressione delle dittature sia nazista che comunista. È un tipo di oppressione che i Paesi dell’Europa occidentale non hanno vissuta, sebbene abbiano passato altre prove, come la guerra. Di certo, però, non hanno vissuto quella situazione di persecuzione causata dalla propria fede. Questa esperienza dolorosissima di persecuzione, martirio, mancanza di libertà, sospetto, è ancora viva nella carne dei Paesi dell’Est, con una ferita che ancora sanguina, sia nelle generazioni più grandi che hanno ricordi personali, sia in quelle più giovani.