Ouagadougou , giovedì, 4. luglio, 2019 12:30 (ACI Stampa).
"Se si continuerà a non intervenire il risultato sarà l’eliminazione della presenza cristiana da quest’area e forse in futuro anche dall’intero Paese". Così afferma ad Aiuto alla Chiesa che Soffre monsignor Laurent Birfuoré Dabiré, vescovo di Dori, dopo l’ennesimo attacco anticristiano avvenuto in Burkina Faso.
La violenza si è verificata il 27 giugno, ma soltanto nelle ultime ore si è diffusa la notizia. "È accaduto nella vicina diocesi di Ouahigouya – racconta il presule – mentre gli abitanti del villaggio di Bani si erano radunati per parlare tra loro. I fondamentalisti sono arrivati ed hanno costretto tutti i presenti a sdraiarsi per terra. Li hanno perquisiti. Quattro di loro indossavano delle croci. Li hanno uccisi perché erano cristiani".
Dopo il massacro gli estremisti hanno intimato agli altri abitanti che se non si fossero convertiti all’Islam, avrebbero ucciso anche loro.
Si tratta del quinto attacco anticristiano avvenuto dall’inizio dell’anno nel nordest del Paese, con un bilancio di 20 cristiani uccisi. Le violenze hanno colpito le tre diocesi di Dori, Kaya e Ouahigouya. Il vescovo Dabiré riferisce come l’azione dei fondamentalisti si sia intensificata a partire dal 2015. "Prima agivano soltanto nelle zone di frontiera con il Mali e con il Niger. Pian piano sono penetrati nell’interno colpendo l’esercito, i funzionari e la popolazione. Oggi il loro obiettivo sono i cristiani e credo che vogliano scatenare un conflitto interreligioso".
Se inizialmente si credeva che gli estremisti fossero stranieri, con il tempo si è scoperto che tra di loro non mancano i burkinabé. "Ci sono giovani che si sono uniti ai jihadisti per mancanza di denaro, lavoro e prospettive, ma anche elementi radicalizzati che partecipano a tali movimenti perché li ritengono espressione della loro fede islamica".