Città del Vaticano , mercoledì, 20. aprile, 2022 18:00 (ACI Stampa).
“Siamo lietissimi di portare a vostra conoscenza un avvenimento di tale importanza e di tale utilità per la Chiesa che, possiamo dirlo, farà epoca nella storia”. Con queste parole solenni il 4 dicembre 1916 Benedetto XV annunciava ai Cardinali riuniti in concistoro la promulgazione del Codice di Diritto Canonico.
“A nessuno meglio che a Voi è noto – spiegava il Papa ai Cardinali - come le leggi e gli ordinamenti emanati dalla Chiesa nella sua sollecitudine materna, si fossero accumulati, attraverso i secoli della sua esistenza, in tal copia che una piena conoscenza di essi era divenuta oltremodo difficile anche ai più versati nel diritto. Inoltre molte disposizioni canoniche, per le mutate condizioni dei tempi, più non rispondevano ai bisogni ed esigevano di essere prudentemente ed opportunamente rinnovate. Affinché quindi meglio constasse, con vantaggio della disciplina ecclesiastica, quali leggi e disposizioni vigessero nella Chiesa, conveniva redigere un Codice delle leggi ecclesiastiche, il quale potesse andar facilmente per le mani di tutti; e già da tempo lo attendevano, non solo l’Episcopato ed il Clero, ma quanti si dedicano allo studio del Diritto Canonico”.
Il pensiero di Benedetto XV va in particolare al “Cardinale Pietro Gasparri, il quale ha portato, fin da principio, il peso maggiore della compilazione del Codice, mostrando in ciò non solo la sua chiara intelligenza e scienza del Diritto, ma anche indefesso studio e fervida lena, non affievolitasi mai, nemmeno dopodiché, assunto all’ufficio di Nostro Segretario di Stato, dovette attendere pure ad altre gravi occupazioni”.
Obiettivo del Codice – osservava il Papa – era quello di “consolidare la disciplina ecclesiastica, poiché, diffondendo la conoscenza delle leggi della Chiesa, faciliterà non poco la loro osservanza, con grande frutto delle anime ed incremento della Chiesa medesima. È un fatto che in qualsiasi Società umana e nello stesso campo internazionale, se fiorisce l’osservanza delle leggi, regna, colla pace, la prosperità; mentre invece, dove si suole non curare od anche disprezzare l’autorità della legge, dominando la discordia e l’arbitrio, tutto l’ordine privato e pubblico resta sconvolto. E la conferma di ciò, se abbisognasse, si ha in modo chiarissimo da quanto ora avviene. L’orrenda follia del conflitto che devasta l’Europa mostra ben chiaramente a quanta strage e rovina possa condurre il dispregio delle leggi supreme che reggono i rapporti fra gli Stati”.
Con la “promulgazione del Codice spunterà per la Chiesa — concludeva il Papa formulando un auspicio — un’era più felice e tranquilla, così per la società civile ristabilito l’ordine mercé il rispetto della giustizia e del diritto risplenda quanto prima l’alba della sospirata pace, che ai popoli, ritornati amici, sia apportatrice di ogni prosperità”.