Temi ribaditi dall’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, in un incontro privato con Papa Francesco lo scorso 3 luglio, ufficialmente richiesto in vista della celebrazione del 1030esimo anniversario del Battesimo della Rus’. Un anniversario simbolico, perché la Rus’ fu battezzata a Kiev, quando in realtà Mosca non aveva ancora peso ed importanza. E il Patriarcato di Mosca, nato inizialmente come una metropolia, fu voluto soprattutto dagli zar, e sotto gli zar fu assoggettato, fino a trovare paradossalmente la libertà con l’inizio del Regime Sovietico nel 1918.
L’incontro tra Bartolomeo e Kirill segna così un momento di disgelo, se si considera il fatto che Bartolomeo non è stato a Mosca a festeggiare il centenario della ricostituzione del Patriarcato nel corso dell’anno, e che il metropolita Hilarion, rappresentante di Kirill a Bari durante l’incontro ecumenico di preghiera voluto da Papa Francesco il 7 luglio, non ha nemmeno letto la preghiera come previsto, limitandosi ad essere una presenza silenziosa in uno scenario dove il Patriarcato di Mosca ha storicamente avuto presenza forte, rafforzata dalla recente traslazione delle reliquie di San Nicola in Russia.
Bartolomeo e Kirill non si incontrano dall’assemblea dei capi delle Chiese Ortodosse a Chambesy, in Svizzera, che si è tenuta dal 22 al 27 gennaio 2016. Era l’incontro che preparava al Grande e Santo Concilio Pan-Ortodosso, cui il Patriarcato di Mosca si sfilò all’ultimo momento, dopo aver partecipato a tutte le riunioni preliminari.
Di cosa parleranno? Il Patriarcato di Mosca fa sapere che ancora l’agenda dell’incontro non è stata definita, anche perché ci vuole ancora un mese all’incontro. Il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, da parte sua, fa sapere attraverso la sua pagina Facebook che l’incontro ha luogo a seguito di una richiesta del Patriarcato di Mosca, e che i due patriarchi discuteranno “relazioni bilaterali di interesse”.
L’incontro sarà delicatissimo, considerando che già il Metropolita Hilarion ha detto che la possibile autocefalia potrebbe creare un bagno di sangue. Di certo, la concessione dell’autocefalia creerebbe un terremoto all’interno della stessa sinassi delle Chiese ortodosse. Non a caso, nei primi incontri, il Patriarcato di Costantinopoli ha preso tempo.
La richiesta di autocefalia è stata approvata dal Parlamento ucraino il 19 aprile, mentre il 9 aprile il presidente Poroshenko è andato a Costantinopoli per formalizzare la richiesta. Il 22 aprile il Sinodo di Costantinopoli ha annunciato di aver ricevuto la domanda, e la ha comunicata alle Chiese Ortodosse.
Il dibattito è aperto. L’Ortodossia Serba si è espressa a favore di Mosca, la greca a favore di Costantinopoli, altre aspettano di prendere posizione, mentre il Patriarcato Ecumenico ha il dilemma se concedere l’autocefalia e così riaffermare la sua posizione primaziale dando continuità al Grande e Santo Concilio, oppure non concederla, cosa che sarebbe visto come un segno di debolezza a favore di Mosca. Il tutto mentre in Ucraina si vive una guerra dimenticata, un conflitto di cui le religioni hanno fatto le spese, ma dove le fedi sono state anche protagoniste vicino al popolo.
La questione, però, rischia di avere un contraccolpo nei rapporti ecumenici con la Chiesa cattolica. Sarà, il Papa, chiamato a fare da arbitro ad una contesa, come già succedeva nel Primo Millennio?
L’idea è stata ventilata, e potrebbe certamente dare una scossa ai rapporti ecumenici e agli incontri teologici che, di fatto, fanno pochi passi avanti da quando a Ravenna, nel 2007, Ortodossi e Cattolici accettarono insieme che Pietro “presiede nella carità” le Chiese sorelle.
Ma il Papa non ha intenzione di essere chiamato in causa. Di certo, è un osservatore attento della vicenda, così come lo è di tutto il movimento ecumenico interno alle Chiese ortodosse. Al Grande e Santo Concilio Pan-Ortodosso mandò come inviato il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, a testimoniare l’importanza che dà al dialogo ecumenico.
L’intenzione del Papa, però, è di mantenere equidistanza. Papa Francesco, in questo, mantiene una certa equidistanza. Le parole dette davanti ad una delegazione russa lo scorso 30 maggio sembravano andare a favore dei russi, e suonavano come un avvertimento ai greco-cattolici di non entrare troppo nella vicenda. L’incontro con l’arcivescovo maggiore Shevchuk ha mostrato la simpatia del Papa per la Chiesa Greco-Cattolica, cui ha pure fatto visita a Roma nella chiesa Santa Sofia il 28 gennaio.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Con prudenza, lo scorso aprile il Papa ha approvato la dichiarazione comune delle Chiese sulla Siria, ma non l’ha firmata perché l’avrebbe fatto solo a condizione che fosse sottoscritta anche dal Patriarca Bartolomeo, che invece non ha sottoscritto una dichiarazione lanciata dall’attivismo del Patriarca Kirill.
In fondo, l’incontro di Bari è stato promosso da Papa Francesco anche per dare equilibrio, e mettere insieme tutte le confessioni cristiane.
Situazione complessa, dunque, tutta da osservare. Per questo, gli occhi sono tutti posati sull’incontro del 31 agosto. Da vedere se, e come, la Chiesa cattolica sarà alla fine coinvolta.