Canberra , mercoledì, 5. settembre, 2018 14:00 (ACI Stampa).
No, la Chiesa cattolica in Australia non romperà il segreto della confessione, accettando le raccomandazioni della Royal Commission e l’imposizione di due leggi federali che chiedono di rendere obbligatorio la denuncia di abusi anche se questi sono appresi in confessionale. Lo hanno deciso vescovi e religiosi australiani, al termine dell’assemblea generale di agosto.
La decisione è stata resa nota in un documento di 57 pagine, pubblicato lo scorso 31 agosto, che analizza passo dopo passo tutte le raccomandazioni della Royal Commission sulla lotta agli abusi, e ne scandaglia possibilità e opportunità. Quasi tutto viene accettato. Tranne la richiesta di rompere il sigillo sacramentale.
“Vedrete in questo documento – si legge nella presentazione del testo – che i vescovi e i leaders religiosi hanno accettato o accettato in linea di principio o supportato il 98 per cento delle raccomandazioni della commissione. L’unica raccomandazione che non possiamo accettare è la raccomandazione 7.4, che si riferisce al sigillo del Sacramento della Penitenza”.
Il motivo – aggiungono i vescovi – è che la raccomandazione “è contraria alla nostra fede e nemica della libertà religiosa. Siamo impegnati nella salvaguardia dei bambini e delle persone vulnerabili, ma allo stesso tempo manteniamo il sigillo. Non vediamo come salvaguardia e sigillo della confessione si possano escludere l’uno con l’altro”.
La dichiarazione non riguarda solo le raccomandazioni della Royal Commission, ma anche le leggi già approvate in due Stati, a partire dallo Stato di Canberra, che obbligano i sacerdoti a violare il segreto confessionale quando la confessione riguarda un abuso sessuale.