Roma , venerdì, 28. ottobre, 2016 9:00 (ACI Stampa).
“Non so se riuscite ad immaginare cosa voglia dire per noi restare qui a sessanti metri dalla linea del fuoco”. Sono le parole di padre Ibrahim Alsabagh, frate francescano e parroco di Aleppo in Siria, che in un libro “Un istante prima dell’alba” racconta come in un diario, giorno dopo giorno, le cronache di guerra, ma anche di speranza di quella “amata e martoriata” Siria, come definita spesso da Papa Francesco nei suoi numerosi appelli di pace.
Cosa possiamo fare concretamente da qui per arginare questa terribile emergenza umanitaria? Il parroco di Aleppo risponde ad ACI Stampa senza pensarci un attimo: “Pregare! Perché Aleppo ormai è come la città della morte e non della vita. Abbiamo bisogno di tutto: di acqua, di elettricità, di medicinali, di personale medico, ma sempre della preghiera".
Il racconto di Fra Ibrahim è quasi impressionante. La seconda città della Siria, che fino a quasi quattro anni fa contava complessivamente circa 4 milioni di abitanti, oggi è occupata per metà dall’esercito regolare siriano e per l’altra metà da gruppi armati di miliziani jihadisti provenienti da decine di paesi del mondo che reclamano la costruzione dello Stato islamico, il Califfato.
La chiesa parrocchiale latina di San Francesco d’Assisi e il convento dei frati francescani della Custodia di Terra Santa si trovano a sessanta metri dai miliziani che lanciano razzi e bombole di gas ogni giorno, anche sulla chiesa.
Continua fra Ibrahim: “L’80% delle persone in Siria è senza lavoro, il 92% delle famiglie è sotto la soglia della povertà. E ogni giorno si pensa solo a scampare alla morte. Siamo nel dramma di un popolo che vive in agonia. Ad oggi più di 300mila morti e oltre 6 milioni i profughi e gli sfollati. Missili e bombe cadono dappertutto. I bambini ne risentono di più. Hanno gravi problemi psicologici, moltissimi, come sappiamo, muoiono sotto le bombe".