“Sono contento che SOUL conosca una seconda edizione, a dimostrazione che Milano ha davvero sete di spiritualità. La partecipazione conosciuta lo scorso anno, numerosa e di qualità, è segno di un'attesa e di una ricerca di senso, e di Dio, che è ancora molto presente nel quotidiano della vita milanese. Aver messo a tema la fiducia, con la sua declinazione molto efficace, intorno al tema del noi, ovvero dei legami, mi sembra una scelta azzeccata e capace di rispondere alle urgenze del nostro tempo, che vede sempre più infragilirsi la coesione sociale, la voglia e la capacità di riconoscersi fratelli, di sentirsi legati da un medesimo destino, dentro la stessa avventura”.
La seconda edizione di ‘SOUL’ esplora la vita come atto di fiducia: nel giorno che verrà, nelle relazioni di oggi e di domani, nell’essere al mondo non semplicemente tra gli altri, ma con gli altri, perché la mancanza di fiducia prosciuga il presente, e non c’è futuro che possa crescere sul terreno arido dell’individualismo. Praticare la fiducia, anche quando la parola suona compromessa, significa dunque credere che una trama ci sorregga, e che questa trama sia fatta delle nostre intese, di aperture senza garanzie, dell’aspettativa che uomini e donne agiscano non per il male, ma per il bene.
Ad uno dei curatori del festival, Armando Bonaiuto, conduttore della trasmissione radiofonica di Radio3 ‘Uomini e profeti’, abbiamo domandato di spiegare il motivo per cui la fiducia è la ‘trama del noi’: “Abbiamo dato questo titolo, perché pensiamo che la fiducia sia una struttura ‘invisibille’, ma essenziale, su cui si reggono le comunità, le relazioni ed ogni convivenza umana, in quanto senza la fiducia il ‘noi’, che abbiamo inserito nel titolo, rimarrebbe una sorta di individui senza un vero legante, un aggregato di solitudini; invece la fiducia è un ‘legante’ che consente di dare senso. Avere fiducia significa che non può essere soltanto una sorta di contrattazione di interessi; non ci deve essere soltanto una contrattazione strumentale tra le persone, perché altrimenti questo vincolo si dissolverebbe appena l’altra persona termina di esserti utile.
La fiducia deve essere il presupposto di una relazione autentica, comprendendo bene che la fiducia non è mai una certezza, ma un rischio consapevole, per cui noi abbiamo fiducia nell’altro senza avere garanzie assolute. Per questo è una trama. La abbiamo definita la ‘trama del noi’ e durante il festival rifletteremo sul significato di questa trama, che però non è indistruttibile, in quanto è chiaro che ogni gesto di coerenza aggiunge forza a questo tessuto, che se ben intrecciato regge grandi pesi, però non è indistruttibile . Per questo nel nostro tempo c’è grande crisi di fiducia, perché è lacerata dall’individualismo e dalla menzogna: tutto ciò lascia il posto al sospetto, al calcolo od alla paura dell’altro. Questi diventano elementi dominanti, che fanno sì che il ‘noi’ si frantumi e si perda la possibilità di una trama fitta, che però può essere ricostruita”.
In quale modo è possibile praticare la fiducia?
“Occorre fare lo sforzo di sottrarsi alla logica difensiva, in quanto viviamo in un’epoca in cui è dominante il concetto paranoico: si ha paura dell’inganno e della delusione, che conduce ad una chiusura dei rapporti ed ad una sterilità delle relazioni. Invece per praticare la fiducia bisogna essere consapevoli che non puoi non praticare il rischio; la fiducia si dà soltanto nella misura in cui sei pronto ad ‘esporti’ ed ad accettare la vulnerabilità tua e degli altri.
Credo che questa sia una parola chiave, perché bisogna essere consapevoli della vulnerabilità e fare un esercizio quotidiano di coerenza tra le parole che dici e le azioni che compi; un esercizio quotidiano di trasparenza delle tue intenzioni. E’ una costruzione graduale che si protrae nel tempo, anche attraverso la ripetizione di gesti, che però alla fine creano un orizzonte di affidabilità. Infine occorre dare anche peso al valore fragile della fiducia, in quanto essa può essere tradita, perché è un atto di libertà umana, la scegliamo consapevolmente”.
Allora, quali possono essere le conseguenze, se si perde la fiducia?
“Le conseguenze possono essere piuttosto drammatiche, perché se affidiamo ogni azione sulla reciproca affidabilità, quando si perde la fiducia rimane la disgregazione, individualmente e socialmente. A livello individuale la perdita di fiducia genera isolamento e si diventa incapace di costruire legami essenziali per la vita, diventando prigionieri di una solitudine, che ci piace chiamare autosufficienza. Invece, a livello sociale, la mancanza di fiducia dissolve il legame comunitario ed accade che il sospetto domina l’interazione tra le persone e la politica crea solo conflitti tra le parti con la visione di un’economia solo predatoria. A tutto ciò si aggiunge una comunicazione che chiede solamente una ‘fiammata’ di un momento, da dare solo nell’immediato. Tutto ciò è logorante per la parola, che andrebbe coltivata”.
Quale rapporto intercorre tra fede e fiducia?
“Hanno un’intima connessione, perché tanto la fede quanto la fiducia implicano un fatto di ‘abbandono’, esponendosi all’altro senza nessuna garanzia di controllo. La fiducia richiede l’incontro con l’altro per conoscersi e saggiarsi, mentre la fede è un atto assoluto, perché non prevede l’incontro ma l’abbandono all’Altro; è l’estremizzazione della fiducia. La fede è uno spazio di ‘incertezza; è un’espressione radicale di disposizione ad accogliere l’Altro. Quindi fede e fiducia chiedono di rifiutare la logica della verifica, che è una delle logiche ossessionanti del nostro tempo. Invece si tratta di riconoscere l’affidabilità dell’altro e dell’Altro”. Programma e prenotazioni agli appuntamenti disponibili al sito: www.soulfestival.it
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