Papa Francesco descrive la scena delle madri “con i figli sulle spalle,” che si vede spesso in bolivia, portando “la vita, il futuro della loro gente,” ma anche “disillusioni, tristezze, amarezze, l’ingiustizia che pare non avere fine e le cicatrici di una giustizia che non si realizza.”
È la memoria del loro popolo, perché – afferma il Papa – “i popoli hanno una memoria, una memoria che si trasmette di generazione in generazione, una memoria in cammino.”
Ma il cammino è duro, “mancano le forze per mantenere viva la speranza,” si vivono “situazioni che pretendono di anestetizzarci la memoria,” e questo “indebolisce la speranza,” fa “perdere le ragioni della gioia,” una perdita che “ci disgrega, e fa sì che ci chiudiamo agli altri, specialmente ai più poveri.”
È la situazione che succede ai discepoli – spiega Papa Francesco – che vedono tutta la gente e si disperano, dicono a Gesù che non si può dar da mangiare a tuta quella gente. “In un cuore disperato – dice Papa Francesco – è molto facile che prenda spazio la logica che pretende di imporsi nel mondo di oggi. Una logica che cerca di trasformare tutto in oggetto di scambio, di consumo, tutto negoziabile. Una logica che pretende di lasciare spazio a pochi, scartando tutti quelli che non producono, che non sono considerati idonei e degni perché apparentemente i conti non tornano.”
Ma Gesù invita gli apostoli a dare alle persone da mangiare. “Basta con gli scarti, date loro voi stessi da mangiare,” parafrasa il Papa. E spiega che la visione di Gesù “non accetta una logica, una visione che sempre taglia il filo a chi è più debole, a chi ha più bisogno.”
La strada indicata da Gesù è in tre parole: prende, benedice e consegna. Prende il pane e i pesci, li benedice e li consegna.
Prende, perché “prende molto seriamente la vita dei suoi,” e “vede in quegli sguardi quello che palpita e quello che ha smesso di palpitare nella memoria e nel cuore del suo popolo. Lo considera e lo valorizza.” Spiega il Papa che l’autentica ricchezza della società “si misura nella vita della sua gente, negli anziani capaci di trasmettere la loro saggezza e la memoria del loro popolo ai più piccoli”.
Benedice, perché – spiega il Papa – Gesù “sa che questi doni sono un dono di Dio,” non li tratta “come una cosa qualsiasi,” va oltre “la semplice apparenza nel gesto di benedizione.” “Il nostro padre non toglie nulla tutto moltiplica,” ragiona il Papa.
E poi consegna, dà, perché “non esiste una benedizione che non sia dedizione.” “La benedizione è sempre anche missione, ha una finalità, condividere, il dividere insieme quello che si è ricevuto, poiché solo nella dedizione, nel condividere troviamo, come persone umane, la fonte della gioia e facciamo esperienza della salvezza.”
Questa dedizione desidera “ricostruire la memoria di essere popolo santo, invitato, chiamato a portare la gioia della salvezza.” Il Papa ripercorre la scena, l’onda di mani che si passano pani e pesci, e racconta che avanzano persino sette ceste. “Una memoria presa tra le mani, benedetta e offerta sazia sempre un popolo.”
E si torna al Congresso Eucaristico di Tarija, il cui motto è “Pane spezzato per la vita del mondo.” Il Papa lo ricorda, e sottolinea che l’Eucarestia “è sacramento di comunione, che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela e ci dà la certezza che ciò che possediamo e ciò che siamo, se è accolto, benedetto e offerto, mediante il potere di Dio, con il potere del suo amore, diventa pane di vita degli altri.”
Conclude il Papa: “La Chiesa è una comunità che fa memoria, attualizza di generazione in generazione, nei più diversi angoli della nostra terra il mistero del Pane di Vita. Lo rende presente e ce lo offre. Gesù vuole che partecipiamo alla sua vita e che, attraverso di noi, essa si vada moltiplicando nella nostra società. Non siamo persone isolate, separate, ma il popolo della memoria attualizzata e sempre offerta.”
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