Roma , lunedì, 5. novembre, 2018 9:00 (ACI Stampa).
Ad un anno dalla 48/ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, la Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato gli atti di quella esperienza ecclesiale. E di lavoro degno - tema centrale dell’assise cagliaritana - ACI Stampa un anno dopo ha parlato con Don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza Episcopale Italiana.
Emerge che la Chiesa è preoccupata per il tema del lavoro e non è semplicemente una preoccupazione che dichiara un nulla di fatto. E’ un accompagnare questa fase storica attraverso alcune idee, alcuni rilanci di iniziative, alcuni pensieri utili per il futuro. Sostanzialmente un anno dopo la 48/ma Settimana Sociale si tratta non semplicemente di ricordare ma di rilanciare. La Chiesa ha fatto un percorso per arrivare a quella Settimana Sociale di Cagliari, c’è stata una riflessione sul significato del lavoro, di cosa voglia dire oggi in questa fase di passaggio. E oggi la Chiesa si trova a dire che val la pena investire ancora sulla formazione al lavoro e per quel che compete alla realtà ecclesiale anch’essa può investire molto nell’accompagnare questa fase critica, difficile per tutti. Però ognuno ha la consapevolezza che occorre avere ben presente che il lavoro non nasce da zero, ma nasce da una comunità che mette insieme le persone, le idee e le connette e da lì nascono le opportunità.
Quello che ha portato alla Settimana Sociale di Cagliari è stato un metodo sinodale…
Sì ed è stato questo metodo che ci ha condotto alla Settimana Sociale. Si pensi al lavoro del comitato che con persone di estrazioni differenti tra loro hanno lavorato insieme, hanno creato sinergia, rete, voglia di dire anche un pensiero unitario e condiviso. E quando si lavora camminando sicuramente tante differenze vengono smussate in nome della volontà di voler risolvere veramente i problemi e questa è una esperienza ecclesiale molto interessante, di cui c’è bisogno nel contesto attuale.
C’è il rischio che oggi si punti ad una politica assistenzialista invece di creare lavoro degno?