Acri (CS) , mercoledì, 31. ottobre, 2018 17:00 (ACI Stampa).
Quella di Sant’Angelo d’Acri è stata anche una fede costellata di dubbi, tanto che è uscito due volte dal convento. Ma “la sublimità dell’amore del Signore ha vinto le sue resistenze”, e gli ha fatto capire che la sua missione sarebbe stata fruttuosa “non perché fondata sulla sapienza umana o sulla bravura e talento, ma soltanto sulla forza che emana il crocifisso”.
Lo dice il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, in una celebrazione solenne del 30 ottobre ad ad Acri, in provincia di Cosenza, nella solennità di Sant’Angelo d’Acri, un cappuccino di Cosenza del XVII secolo, conosciuto come grande predicatore che fece apostolato itinerante prima di morire nella sua città natale, che Papa Francesco ha canonizzato lo scorso 15 ottobre.
Lì, nel grande santuario dove è custodito il corpo del Santo Predicatore, il Cardinale Sandri ha tratteggiato la personalità del Santo alla presenza anche del vescovo eparchiale di Lungro Donato Oliverio, che tra l’altro lo scorso giugno ha ospitato l’incontro annuale dei vescovi cattolici di rito orientale.
Per il Cardinale Sandri, il passo è breve, da Acri in provincia di Cosenza ad Acri in Terrasanta, lì dove i francescani hanno celebrato lo scorso anno gli Ottocento anni di presenza. Ed è breve per via di “quel Gesù la cui passione, morte e Resurrezione hanno rapito il cuore di Sant’Angelo e hanno animato le sue parole durante l’instancabile predicazione di cui fu capace per ben trentotto anni”.
Il prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali ricorda come, al termine delle missioni popolari, Sant’Angelo d’Acri costruiva dei piccoli Calvari o innalzava croci, perché ogni Paese vedesse la presenza dell’amore di Dio.