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Sinodo, Papa Francesco: "La fede è questione di incontro, non di teoria"

Papa Francesco      |  | Daniel Ibanez CNA Papa Francesco | | Daniel Ibanez CNA

Commentando il brano evangelico della guarigione del cieco Bartimeo, Papa Francesco - nell’omelia della Messa conclusiva della XV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi - sottolinea un elemento tipico di Gesù, l’ascolto

“Il primo passo - spiega il Papa - per aiutare il cammino della fede: ascoltare. È l’apostolato dell’orecchio: ascoltare, prima di parlare. Per Gesù il grido di chi chiede aiuto non è un disturbo che intralcia il cammino, ma una domanda vitale.

Quant’è importante per noi ascoltare la vita! I figli del Padre celeste prestano ascolto ai fratelli: non alle chiacchiere inutili, ma ai bisogni del prossimo. Ascoltare con amore, con pazienza, come fa Dio con noi, con le nostre preghiere spesso ripetitive. Dio non si stanca mai, gioisce sempre quando lo cerchiamo. Chiediamo anche noi la grazia di un cuore docile all’ascolto. Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie”. 

“Come Chiesa di Gesù - aggiunge Francesco rivolto ai giovani - desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti”.

Ma nel cammino di fede - osserva il Papa - oltre all’ascolto vi è altro, il “farsi prossimi. Gesù incontra Bartimeo di persona. Gesù si immedesima in Bartimeo, non prescinde dalle sue attese; che io faccia: fare, non solo parlare; per te: non secondo idee prefissate per chiunque, ma per te, nella tua situazione. Ecco come fa Dio, coinvolgendosi in prima persona con un amore di predilezione per ciascuno. Nel suo modo di fare già passa il suo messaggio: così la fede germoglia nella vita.

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La fede passa per la vita. Quando la fede si concentra puramente sulle formulazioni dottrinali, rischia di parlare solo alla testa, senza toccare il cuore. E quando si concentra solo sul fare, rischia di diventare moralismo e di ridursi al sociale. La fede invece è vita: non possiamo essere dottrinalisti o attivisti; siamo chiamati a portare avanti l’opera di Dio al modo di Dio, nella prossimità”.

“Farsi prossimi - dice ancora il Pontefice - è portare la novità di Dio nella vita del fratello, è l’antidoto contro la tentazione delle ricette pronte”. Non dobbiamo lavarci le mani, “noi vogliamo imitare Gesù, e come lui sporcarci le mani. Riconosciamo che il Signore si è sporcato le mani per ciascuno di noi, e guardando la croce ripartiamo da lì, dal ricordarci che Dio si è fatto mio prossimo nel peccato e nella morte. Si è fatto mio prossimo: tutto comincia da lì. E quando per amore suo anche noi ci facciamo prossimi diventiamo portatori di vita nuova: non maestri di tutti, non esperti del sacro, ma testimoni dell’amore che salva”.

Ma non basta farsi prossimi, ecco che occorre la testimonianza. “Non è cristiano - ricorda il Papa - aspettare che i fratelli in ricerca bussino alle nostre porte; dovremo andare da loro, non portando noi stessi, ma Gesù. Egli ci manda a incoraggiare e rialzare nel suo nome. Quante volte, invece di questo liberante messaggio di salvezza, abbiamo portato noi stessi, le nostre ricette, le nostre etichette nella Chiesa! Quante volte, anziché fare nostre le parole del Signore, abbiamo spacciato per parola sua le nostre idee! Quante volte la gente sente più il peso delle nostre istituzioni che la presenza amica di Gesù! Allora passiamo per una ONG, per una organizzazione parastatale, non per la comunità dei salvati che vivono la gioia del Signore”.

La fede - conclude Papa Francesco - è questione di incontro, non di teoria. Nell’incontro Gesù passa, nell’incontro palpita il cuore della Chiesa. Allora non le nostre prediche, ma la testimonianza della nostra vita sarà efficace. E a tutti voi che avete partecipato a questo camminare insieme, dico grazie per la vostra testimonianza. Abbiamo lavorato in comunione e con franchezza, col desiderio di servire Dio e il suo popolo”.