Nel Documento è evidenziato come “anche i giovani con disabilità o segnati da malattie possono offrire un contributo prezioso. Il Sinodo invita le comunità a far spazio a iniziative che li riconoscano e permettano loro di essere protagonisti”.
Ma i giovani sono anche portatori di inquietudini. Un’inquietudine che “va prima di tutto accolta, rispettata e accompagnata, scommettendo con convinzione sulla loro libertà e responsabilità”.
La vita dei giovani, come quella di tutti, è segnata anche da ferite. Per i Padri Sinodali “sono le ferite delle sconfitte della propria storia, dei desideri frustrati, delle discriminazioni e ingiustizie subite, del non essersi sentiti amati o riconosciuti”. Ed è proprio qui che Papa Francesco chiama alla missione. “La missione – cita il Documento - è una bussola sicura per il cammino della vita, ma non è un navigatore, che mostra in anticipo tutto il percorso”.
Per compiere un vero cammino di maturazione i giovani hanno bisogno di “adulti autorevoli”. Naturalmente il primo luogo menzionato dal Documento è la famiglia: “La famiglia è la prima comunità di fede in cui, pur tra limiti e incompiutezze, il giovane sperimenta l’amore di Dio e inizia a discernere la propria vocazione”.
“Il Sinodo – sottolinea il Documento - riconosce la necessità di aiutare le famiglie ad assumere in modo più chiaro una concezione della vita come vocazione”.
Una parola chiave che ricorre spesso nella seconda parte del Documento è la libertà: “La libertà è condizione essenziale per ogni autentica scelta di vita. Essa rischia però di essere fraintesa, anche perché non sempre adeguatamente presentata. La Chiesa stessa finisce per apparire a molti giovani come una istituzione che impone regole, divieti e obblighi”. Ma per i Padri Sinodali è “attraverso la fraternità e la solidarietà vissute, specialmente con gli ultimi, i giovani scoprono che l’autentica libertà nasce dal sentirsi accolti e cresce nel fare spazio all’altro”.
Il secondo capitolo della seconda parte è interamente dedicato alla vocazione: “non è né un copione già scritto che l’essere umano dovrebbe semplicemente recitare né un’improvvisazione teatrale senza traccia. Poiché Dio ci chiama a essere amici e non servi, le nostre scelte concorrono in modo reale al dispiegarsi storico del suo progetto di amore”.
Per i Padri Sinodali è “importante creare le condizioni perché in tutte le comunità cristiane, a partire dalla coscienza battesimale dei loro membri, si sviluppi una vera e propria cultura vocazionale e un costante impegno di preghiera per le vocazioni”. Tra tutte le figure bibliche che illustrano il mistero della vocazione va contemplata in modo singolare quella di Maria.
Come vocazione, oltre alla famiglia, “il dono della vita consacrata, nella sua forma sia contemplativa sia attiva, che lo Spirito suscita nella Chiesa ha un particolare valore profetico in quanto è testimonianza gioiosa della gratuità dell’amore”. “La Chiesa e il mondo non possono fare a meno di questo dono vocazionale, che costituisce una grande risorsa per il nostro tempo”, riconosce il Documento.
Degno di nota è anche il paragrafo 90 intitolato “La condizione dei single”. Il Sinodo ha riflettuto sulla condizione delle persone che vivono da “single”, riconoscendo che con questo termine si possono “indicare situazioni di vita molto diverse tra loro”. “Tale situazione – riporta il Documento - può dipendere da molte ragioni, volontarie o involontarie, e da fattori culturali, religiosi, sociali. Essa può dunque esprimere una gamma di percorsi molto ampia. La Chiesa riconosce che tale condizione, assunta in una logica di fede e di dono, può divenire una delle molte strade attraverso cui si attua la grazia del battesimo e si cammina verso quella santità a cui tutti siamo chiamati”.
Il terzo capitolo vede protagonista una “Chiesa che accompagna”. Accompagnare “per compiere scelte valide, stabili e ben fondate è un servizio di cui si sente diffusamente la necessità”. Come? “Attraverso una presenza costante e cordiale, una prossimità dedita e amorevole e una tenerezza senza confini”.
Oltre ai membri della famiglia, sono chiamate a svolgere un ruolo di accompagnamento “tutte le persone significative nei diversi ambiti di vita dei giovani, come insegnanti, animatori, allenatori e altre figure di riferimento, anche professionali”.
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L’accompagnamento sarà comunitario, di gruppo e personale. Dal Documento emerge che molti giovani hanno richiesto in particolare la figura di un accompagnatore: “Il buon accompagnatore è una persona equilibrata, di ascolto, di fede e di preghiera, che si è misurata con le proprie debolezze e fragilità. Per questo sa essere accogliente verso i giovani che accompagna, senza moralismi e senza false indulgenze. Quando è necessario sa offrire anche la parola della correzione fraterna”.
L’ultimo capitolo della Seconda parte riguarda il discernimento. “L’accompagnamento vocazionale – dice il Documento - è dimensione fondamentale di un processo di discernimento da parte della persona che è chiamata a scegliere. Il termine discernimento è usato in una pluralità di accezioni, pur collegate tra di loro. In un senso più generale, discernimento indica il processo in cui si prendono decisioni importanti”.
Durante il Sinodo i Padri Sinodali hanno riconosciuto alcuni elementi comuni, che “non eliminano la diversità dei linguaggi”: la presenza di Dio nella vita e nella storia di ogni persona; la possibilità di riconoscerne l’azione; il ruolo della preghiera, della vita sacramentale e dell’ascesi; il confronto continuo con le esigenze della Parola di Dio; la libertà rispetto a certezze acquisite; la verifica costante con la vita quotidiana; l’importanza di un accompagnamento adeguato.