Quito , martedì, 7. luglio, 2015 18:13 (ACI Stampa).
Unità e libertà per la sfida della evangelizzazione che significa “darsi” nella comunione della salvezza di cui la Chiesa è sacramento. Papa Francesco celebra la seconda messa in Ecuador e lo fa pensando a quella indipendenza che da il nome al parco dove sono riunite centinaia di migliaia di persone. E la gente applaude sentendo questo parallelo tra la preghiera per l’unità e la voglia di libertà. Ma senza la passione per l’altro, per la libertà che porta Cristo, per la evangelizzazione, non si ottiene la fine dei conflitti.
Canti e musica in stile inca, costumi che ricordano la storia del paese, il sole nonostante le nuvole, e la festa degli ecuadoregni. Il Papa usa il pastorale di legno d’ulivo, l’altare è decorato con centinaia di migliaia di rose, e la casula è decorata con i disegni tipici di un poncho.
Gesù, la preghiera per la unità e invia i discepoli, ma in quel momento “il Signore sperimenta nella propria carne il peggio di questo mondo, che ama comunque alla follia: intrighi, sfiducia, tradimento, però non si nasconde, non si lamenta.” Un esperienza che gli uomini fanno ogni giorno. Ma guerre e violenza, divisione e odio “sono manifestazioni di quel “diffuso individualismo” che ci separa e ci pone l’uno contro l’altro frutto della ferita del peccato nel cuore delle persone, le cui conseguenze si riversano anche sulla società e su tutto il creato.”
Ecco il mondo al quale siamo inviati: “la nostra risposta non è fare finta di niente, sostenere che non abbiamo mezzi o che la realtà ci supera. La nostra risposta riecheggia il grido di Gesù e accetta la grazia e il compito dell’unità.”
Ritorna al grido della indipendenza il Papa “decisivo solo quando lasciò da parte i personalismi, l’aspirazione ad un’unica autorità, la mancanza di comprensione per altri processi di liberazione con caratteristiche diverse, ma non per questo antagoniste.”