Poznan , giovedì, 1. novembre, 2018 10:00 (ACI Stampa).
La Conferenza Episcopale dei Santi Cirillo e Metodio comprende quattro diversi Paesi: la Serbia, il Montenegro, la Macedonia e il Kosovo. Istituita nel dicembre 2004 da San Giovanni Paolo II, la Conferenza Episcopale mette insieme, così, quattro territori che affrontano sfide simili, ma allo stesso tempo diverse, sperimentando una comunione difficile quando i loro Paesi sono in tensione tra loro. Una situazione, la loro, che rischia di essere dimenticata dall’Europa. Per questo, il vescovo Laszlo Nemet, di Zrenjanin (Serbia), presidente della Conferenza, chiede all’Europa che non si dimentichi di questi Paesi.
In una recente lettera, la vostra Conferenza Episcopale ha chiesto all’Europa di non dimenticarsi dei vostri Paesi. Perché?
Abbiamo a volte l’impressione che tra i nuovi problemi emersi in questo mondo – le guerre in Medio Oriente, il conflitto in Ucraina – siamo come una isola nella Comunità Europea e nella NATO. Siamo una isola, perché i Paesi intorno a noi, la Romania, la Bulgaria, la Grecia, l’Albania sono nella NATO, alcuni anche nella Comunità Europea. Noi invece siamo una isola, e nemmeno tanto pacifica. Prendiamo ad esempio lo Stato della Bosnia, dove ci sono problemi non risolti. Vero è che la Santa Sede ha mostrato molto interesse per noi, per la prima volta il Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Pietro Parolin, è stato in visita in Serbia, ed è una cosa enorme per noi. Sappiamo, infatti, che la Chiesa serba ortodossa è contraria alla visita di qualunque Papa sul territorio serbo. Speriamo, insomma, di essere in grado di far sentire la nostra voce.
Ma quali sono le peculiarità della Conferenza Episcopale dei Santi Cirilli e Metodio?
La peculiarità è che ci sono quattro Paesi diversi che lavorano insieme. Per tre di loro la Santa Sede ha un nunzio apostolico, mentre in Kosovo, ancora non riconosciuto come Stato, il nunzio ha soltanto il titolo di delegato apostolico. Per dire la verità, questa ricchezza di nazioni e lingue ci fanno sperimentare la Chiesa in piccolo, e questo ci dà la forza di continuare a vivere insieme, anche se sono alcuni anni che chiediamo di essere costituiti in quattro conferenze autonome. Sarebbe importante poter avere una autonomia, perché è vero che c’è una ricchezza, ma c’è anche l’impossibilità di portare avanti programmi comuni. Le lingue, tutte diverse, così come le nostre differenze culturali non aiutano di certo.