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Diplomazia Pontificia, cosa fa la Santa Sede nelle trattative sulle migrazioni?

Cardinale Parolin e arcivescovo Jurkovic | Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, con l'arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede a Ginevra, nell'incontro del 19 ottobre 2018 | PYF Cardinale Parolin e arcivescovo Jurkovic | Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, con l'arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede a Ginevra, nell'incontro del 19 ottobre 2018 | PYF

Cosa fa la Santa Sede per i migranti? La risposta alla domanda è stata data agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede in un briefing in Vaticano, nell’Aula Vecchia del Sinodo, guidato dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro per i rapporti con gli Stati, e concluso dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.

Nel corso della settimana, Papa Francesco ha ricevuto i presidenti di Cile e Corea, e ha fatto sapere che per ora un viaggio a Taiwan non è allo studio. Prosegue il lavoro delle missioni della Santa Sede presso le Nazioni Unite, in una settimana densa di interventi.

La Santa Sede e le quattro parole per i migranti

C’erano circa una ottantina di ambasciatori accreditati presso la Santa Sede al briefing in Aula Vecchia del Sinodo, lo scorso 19 ottobre. Si è parlato dei due Global Compacts su Migranti e Rifugiati in discussione a Marrakech il prossimo dicembre (si parlava anche di una possibile presenza di Papa Francesco, che però non ci sarà) , e la Santa Sede ha contribuito attivamente a stilarli.

Per la precisione, il negoziato per il Global Compact sui Rifugiati si è tenuto a Ginevra, anche perché c’è già una Convenzione ONU sui Rifugiati d Ginevra del 1951 e la definizione dei rifugiati è già definita. I negoziati per il Global Compact sulle migrazioni si sono tenuti alle Nazioni Unite di New York.

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A presentare le posizioni della Santa Sede, gli arcivescovi Bernardito Auza e Ivan Jurkovic, rispettivamente Osservatori Permanenti della Santa Sede all’ONU di New York e di Ginevra. Il tema dei migranti è stato poi sviluppato da padre Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. L’arcivescovo Gallagher ha dato il discorso introduttivo, mentre il Cardinale Parolin ha tirato le conclusioni dell’incontro.

Nelle varie esposizioni, sono stati ribaditi i quattro punti della Santa Sede per le migrazioni, rappresentati dai verbi “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”, che sono anche alla base del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2018.

Sia l’arcivescovo Auza che l’arcivescovo Jurkovic hanno messo in luce pro e contro degli accordi. In particolare, è stato riconosciuto con soddisfazione che nei due accordi globali c’è stato un riconoscimento dell’operato dei Faith Based Actors, ovvero le organizzazioni di ispirazione religiosa.

Tra i contro, il tema del linguaggio: la Santa Sede ha denunciato un certo vocabolario ideologico, come emerso anche nei negoziati, che include anche i temi della salute sessuale riproduttiva. La Santa Sede insiste molto su uno “human rights based approach,” un approccio basato sui diritti umani.

In generale, è stato apprezzato che i due accordi considerano il diritto delle persone individualmente. Non si parla di fenomeno migratorio, ma di persone in movimento che devono potere avere la scelta di rimanere o di migrare.

L’incontro è durato in tutto una ora e mezza. Al termine dell’incontro, il Cardinale Parolin ha riassunto la posizione della Santa Sede, presentando gli elementi da un punto di vista strategico e inserendoli nel quadro più globale del senso della diplomazia pontificia.

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La Santa Sede a New York: migrazioni internazionali e sviluppo

L’ultimo intervento della settimana della Santa Sede alle Nazioni Unite di New York è stato proprio sul tema delle migrazioni, in un incontro dell’assemblea generale dedicato a “Globalizzazione e interdipendenza: migrazioni internazionali e sviluppo”.

La Santa Sede ha sottolineato che la comunità internazionale deve andare oltre i numeri, sempre più alti, di migranti, rifugiati e richiedenti asilo, ricordando che “si riferiscano sempre a persone che hanno diritto a dignità umana, sicurezza e un decente standard di vita”.

La Santa Sede ha anche sostenuto che, per affrontare con successo il tema delle migrazioni, si dovrebbe cominciare dall’affrontare le cause alle radici delle migrazioni, poiché “poche persone vogliono lasciare le loro famiglie e comunità di origine”.

La Santa Sede sostiene anche che le migrazioni portano benefici e non solo costi alle nazioni ospite, e lodato la bozza del Global Compact sulle migrazioni perché afferma “la responsabilità condivisa della comunità internazionale per avere cura di quanti hanno maggiormente bisogno di solidarietà.

La Santa Sede a New York: sulla situazione in Medio Oriente

Settimana di incontri, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Tra i temi di discussione, quello della situazione in Medio Oriente, inclusa la questione palestinese, discusso lo scorso 18 ottobre.

L’arcivescovo Bernardito Auza ha ribadito che la questione palestinese è parte del dibattito ONU dal 1947, e che la Santa Sede ha sempre supportato la soluzione di due Stati, con lo Stato di Israele e lo Stato di Palestina fianco a fianco all’interno di confini sicuri e internazionalmente riconosciuti.

L’arcivescovo Auza ha sottolineato che “i leader da entrambe le parti hanno la responsabilità di guidare i loro popoli verso una risoluzione condivisa”, mentre i vicini regionali e gli altri Stati toccati dal problema sono chiamati a non ostruire il processo di pace.

L’arcivescovo ha anche sottolineato che la Santa Sede riafferma lo storico status quo di Gerusalemme, come già fatto più volte e in vari incontri e dichiarazioni quando la questione è riemersa con la decisione del presidente USA Donald Trump di spostare l’ambasciata nella Città Santa.

La Santa Sede sostiene lo status quo basandosi sulle risoluzioni delle Nazioni Unite, chiedendo che la città sia un posto di convergenza e pace con libero e illimitato accesso per Ebrei, Cristiani e Musulmani. L’arcivescovo Auza ha anche plaudito al lavoro della agenzia ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), rimasta “la migliore risorsa per prevenire la situazione umanitaria dei rifugiati palestinesi”.

La Santa Sede a New York: i diritti umani non siano una scatola vuota

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Il 17 ottobre, la Santa Sede è intervenuta su “Promozione e Protezione dei diritti umani”. L’arcivescovo Auza ha sottolineato nell’occasione che la dignità della persona umana deve essere centrale per ogni aspetto del lavoro delle Nazioni Unite, e ha chiesto anche di assicurare che i diritti umani implichino sempre responsabilità, da rispettare attraverso impegni e azioni, non solo attraverso idee e parole.

L’arcivescovo Auza ha notato che ogni sistema ideologico che dia più valore al forte e al sano, mentre al tempo stesso scarta il debole e il vulnerabile, porta ad una grave ineguaglianza e ingiustizia, fino ad ignorare i bambini nel grembo materno e nel trattare le vite degli anziani, dei migranti e delle persone con disabilità come un peso per la società.

I principi – ha detto l’arcivescovo Auza – sono necessari per promuovere il bene dell’intera famiglia umana, rispettando la dignità di ogni persona umana.

La Santa Sede a New York: eliminare la povertà

Sempre il 17 ottobre, si è parlato alle Nazioni Unite di “Sradicare la povertà”, e l’arcivescovo Auza ha notato che la vergogna della povertà “è una delle più grandi sfide globali dei nostri temi, con tassi di povertà ancora alti in molte nazioni africane e sotto sviluppate.

Ci sono 815 milioni di persone che soffrono la fame, 844 milioni mancano di servizi idrici basilari, tra i 4 e 5 miliardi mancano di igiene, 1 miliardo vive senza elettricità e 1,46 miliardi di bambini in 104 differenti nazioni vivono in povertà.

L’arcivescovo Auza ha sottolineato che per “ricostruire la fiducia, non lasciare nessuno indietro e sconfiggere la povertà estrema, il povero deve essere un agente degno del suo stesso destino”, e la famiglia deve essere “supportata come agente primario di sviluppo umano sostenibile e integrale, mentre ogni nazione è chiamata ad essere architetto proattivo del suo stesso sviluppo.

Infine, un monito contro la colonizzazione ideologica, più volte messa sotto accusa da Papa Francesco, che prevede la distribuzione di aiuti in cambio di legislazioni in linea con le richieste del Paese che aiuta. “Per mantenere la fiducia – ha detto l’arcivescovo Auza – l’assistenza economica internazionale non può minacciare le fondazioni etiche e culturali delle nazioni in via di sviluppo.

La Santa Sede a New York: sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari

La Santa Sede insegue da sempre l’utopia di un disarmo integrale dei popoli, e un primo passo è sicuramente quello del disarmo nucleare. Per questo motivo, la Santa Sede ha deciso di ratificare il Trattato per la Proibizioni delle Armi Nucleari, decidendo anche di partecipare al voto nel negoziato, e ha prima ancora sostenuto il percorso di Oslo e Nayarit, che cominciava proprio ad indagare sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari.

Il 17 ottobre, si è discusso alle Nazioni Unite di New York proprio delle “Conseguenze umanitarie delle armi nucleari” e di “Imperativi etici per un modo libero da armi nucleari”.

L’arcivescovo Auza ha notato che proprio il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari dà la speranza che un giorno il mondo sarà libero di armi nucleari, e lodato le nazioni che lo hanno ratificato, certificando la fallacia dell’idea che alcune nazioni hanno diritto all’arsenale nucleare e altre no. Allo stesso tempo, le strategie della deterrenza sono “eticamente inconsistenti”, perché comunque abbracciano la possibilità dell’uso di queste armi.

Ma l’abolizione delle armi nucleari – ha aggiunto – non riguarda solo la negoziazione, il disarmo e la verifica, ma una “conversione morale dalla paura alla fiducia mutua”.

Servono tra l’altro i mezzi per fare in modo di abolire gli arsenali nucleari, e commentato in particolare la situazione della Corea del Nord e dell’Iran, in vista della Conferenza del Trattato di Revisione della Non Proliferazione Nucleare del 2020, proponendo anche che il Medio Oriente diventi una zona considerata “libera da armi nucleari”.

La Santa Sede a New York: lo sviluppo sostenibile

Il 16 ottobre, la discussione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York ha riguardato il tema dello Sviluppo Sostenibile.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Auza ha detto che lo sviluppo sostenibile viene tenuto insieme da tre dimensioni: economica, sociale e ambientale. Per questo, ci deve essere visione della dignità inerente di ogni persona e dello sviluppo integrale di ogni uomo, e questo non può essere raggiunto attraverso gli indicatori statistici.

Tra le altre cose, l’arcivescovo Auza ha anche sottolineato l’importanza del turismo, non in termini di profitto ma in termini di arricchimento culturale.

La Santa Sede a Ginevra: la questione delle società internazionali

C’è, a Ginevra, un gruppo di lavoro intergovernativo sulle Società Internazionali e Altre Imprese riguardo ai diritti umani. La Santa Sede partecipa ai tavoli, anche perché da sempre ha messo in luce il tema delle società internazionali che, alla fine, rischiano di prendere più importanza degli Stati. Sono stati tre gli interventi della Santa Sede sul tema, in questa settimana, in vista di un documento che sarà pubblicato.

Il 15 ottobre, l’arcivescovo Ivan Jurkovic ha sottolineato che nel corso degli anni gli Stati e la società civile hanno sempre avuto più interesse nel definire uno strumento legale vincolate per andare a colmare il gap sulle imprese internazionali.

Punto di partenza per un trattato del genere – ha aggiunto – deve essere la protezione dei diritti umani, perché uno strumento vincolante “solleverebbe l tema degli standard morali e cambierebbe il modo in cui le società internazionale comprendono il loro ruolo ed attività”, ma allo stesso tempo aiuterebbe a chiarire quali sono gli “obblighi extraterritoriali degli Stati riguardo gli atti delle loro compagnie in altre nazioni”.

Tra le proposte, quelle di creare una forma di impresa economica fatta di sinergia tra settore pubblico e privato, orientato al bene comune senza arrendersi al profitto.

Scopo finale della Santa Sede è quello di raggiungere un testo “efficace e bilanciato”, con un focus rinforzato sui diritti delle comunità locali e individuati attraverso chiari riferimenti a un linguaggio internazionalmente riconosciuto dei diritti umani, definendo il primato di questi ultimi sulle politiche di commercio e investimento”.

La Santa Sede sottolinea anche l’importanza di includere clausole per la tutela ambientale, clausole per le eccezioni dagli obblighi dell’accordo, in particolare se uno Stato persegue altri legittimi obiettivi di politica pubblica.

L’arcivescovo Jurkovic ha anche voluto sottolineare l’onestà e trasparenza di molti businessman, mettendo in luce come finanza ed economia sono dimensioni dell’attività umana e “possono essere occasione di incontro, di dialogo, di cooperazione, di diritti riconosciuti e dignità affermata nel lavoro”.

Il 17 ottobre, l’arcivescovo Jurkovic ha affrontato il tema del diritto internazionale. L’Osservatore della Santa Sede ha notato che la legge internazionale ha quasi sempre “affrontato il comportamento degli Stati,” da sempre considerati i soli “soggetti di legge internazionale, le sole entità capaci di portare diritti legali e doveri”.

Tuttavia, le nazioni in via di sviluppo e quelle povere soffrono “le conseguenze di una asimmetria di un diritto internazionale”, che a volte rinforza con leggi forti i diritti delle società internazionali e ne regola i doveri con leggi meno vincolanti, come linee guida volontarie.

Si deve chiedere alle aziende di rispettare i diritti umani, perché laddove i diritti umani sono “colpiti in maniera avversa dalle attività che avvengono in una azienda, la responsabilità di una azienda è quella di usare il suo peso per cercare di migliorare la situazione di quelle persone”, e quando questa pressione è insufficiente “ci si è aspetta che la azienda la migliori”.

La Santa Sede nota che la cornice legale non si è tenuta al passo dell’evoluzione della realtà globale, economica e finanziaria, e che le crescenti dimensioni transnazionali delle attività di impresa hanno portato questo Gruppo di Lavoro a includere operazioni di affari e relazioni nella cornice della responsabilità civile e penale.

Il 18 ottobre, si è parlato del preambolo dell’accordo, e la Santa Sede ha notato nell’occasione che “gli attori economici e finanziari, a livello nazionale e internazionale, hanno bisogno di riconoscere che le attività economiche funzionano non solo attraverso l’auto-regolamentazione del mercato e ancora meno attraverso accordi limitati a riconciliare l’interesse di stakeholder più potenti, ma necessitano anche di considerare che “funzionano al servizio delle persone che lavorano e contribuiscono allo sviluppo”.

L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che è per la Santa Sede di grandissima importanza che un linguaggio condiviso in quel senso sia riflettuto nel Preambolo della prima bozza, perché sia “le decisioni politiche, la responsabilità sociale i criteri per governare gli investimenti devono essere guidati dall’idea di realizzare un bene comune di lungo termine e una concreta solidarietà tra le generazioni”.

Papa Francesco, la relazione con Taiwan

Una dichiarazione della Sala Stampa vaticana ha sottolineato lo scorso 18 ottobre che un viaggio di Papa Francesco a Taiwan non è allo studio. La dichiarazione si era resa necessaria dopo che si era diffusa la notizia che invece Papa Francesco avesse risposto positivamente all’invito a visitare il Paese che gli era stato recapitato dal Vice Presidente della Repubblica Cinese (ROC) Chen Chien-jen a visitare Taiwan l’anno prossimo.

È stato lo stesso Chen a dichiarare che “il Papa ha risposto all’invito in modo cordiale e amichevole”. Il vicepresidente ha sottolineato che comunque Taiwan continuerà ad essere il partner essenziale della Santa Sede nel promuovere la pace, la libertà di fede, la democrazia e i diritti umani in tutto il mondo.. 

La visita del vicepresidente è stata l’occasione per rinsaldare i rapporti tra Santa Sede e Taiwan, specialmente dopo l’accordo della Santa Sede con la Cina per la nomina dei vescovi.

Papa Francesco era stato invitato a visitare il Paese anche dai vescovi di Taiwan durante la loro visita ad limina dello scorso maggio. E Papa Francesco non aveva Non ha detto né sì, né no, ma ha sorriso”, aveva spiegato l’arcivescovo John Hung Shan-chuan di Taipei.

Taiwan è molto preoccupata che un avvicinamento con la Cina possa portare in futuro la Santa Sede ad interrompere le relazioni diplomatiche. In realtà, la Santa Sede ha mostrato grande sensibilità verso Taiwan nominando ambasciatore in Belize l’arcivescovo Fortunatus Nwachuwku, nunzio in Trinidad & Tobago, e non come tradizione il nunzio in El Salvador, che aveva appena rotto i rapporti con Taiwan.

Non solo. Si è tenuto a Taiwan, dal 14 al 18 ottobre, il Primo incontro internazionale buddista-cristiano per le religiose, organizzato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. È il quarto evento di una certa importanza organizzato dalla Santa Sede nell’isola. A Taiwan si è tenuto lo scorso anno il Congresso Internazionale dell’Apostolato del Mare. Il 14 marzo 2018, c’è stata una delegazione taoista da Taiwan in visita dal Papa. Dal 13 al 16 novembre 2017 c’è stato a Taiwan il VI convegno buddista-cristiano organizzato dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.

Costa Rica, una udienza del vicepresidente in Segreteria di Stato Vaticana

Epsy Campbell Barr, vice presidente del Costa Rica, è stata il 16 ottobre in udienza privata dal Cardinale Pietro Parolin e dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher. Durante l’incontro – si legge in comunicato della vicepresidenza – Campbell ha informato sul coordinamento sviluppato tra Costa Rica e Panama, con l’obiettivo di facilitare i processi di spostamento e di trasporto riguardo l’organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà a Panama nel gennaio 2019, alla presenza di Papa Francesco.

Un evento per il quale si attende “una gran quantità di pellegrini entri, permanga e transiti nel territorio nazionale prima, durante e dopo gennaio”, e per questo la conversazione con la Santa Sede ha riguardato proprio la gestione dei pellegrini. Ma non solo. Si è parlato anche della crisi sociale, economica e politica che si vive in Nicaragua.

I vescovi del Nicaragua hanno lavorato come mediatori al tavolo sociale per la crisi, ma hanno ricevuto loro stessi degli attacchi.

Un viaggio di Papa Francesco in Corea del Nord?

Nel comunicato ufficiale, non c’era nessun accenno all’invito che il presidente Moon avrebbe recapitato a Papa Francesco da parte del leader della Corea del Nord Kim. Ma nell’incontro del 18 ottobre tra Papa Francesco e il presidente Moon si è parlato anche di questo, e lo ha confermato il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, parlando a Vatican News.

“È vero – ha detto il Cardinale -, cioè è vero quello che era già stato detto - nel senso che era già uscito sulla stampa - che il Presidente della Corea del Sud avrebbe portato un interesse, l’interesse del Presidente, del leader della Corea del Nord, di avere il Papa a Pyongyang; il Papa ha dato la sua disponibilità”.

Ovviamente, l’idea del viaggio è ancora allo studio. La Corea del Sud spera molto nella presenza del Papa, cui già aveva chiesto di fare mediatore nel dialogo tra Corea del Nord e Stati Uniti.

Santa Sede e Corea del Sud hanno ottimi rapporti e ci sono stati molti contatti sulla questione negli ultimi mesi. Lo scorso 26 gennaio, il ministro degli Esteri della Corea del Sud Kang Kyu-wha aveva incontrato l’arcivescovo Gallagher in Vaticano. In quell’occasione, era stato esteso il caldo invito al presule di recarsi nel Paese, dove tra l’altro in questi giorni si stanno festeggiando i 55 anni di rapporti diplomatici tra Santa Sede e Seoul. Il ministro degli Esteri vaticano vi è stato in visita dal 4 al 9 luglio, arrivando fino alla zona di sicurezza smilitarizzata tra Corea del Nord e Corea del Sud. In quell’occasione, ha affermato: “È un periodo veramente storico, un periodo di speranza e il santo padre sostiene questo movimento”. “Sono sicuro – aveva aggiunto – che con le preghiere e il sostegno dei cristiani e di altri uomini e donne di buona fede in tutto il mondo si otterranno molte cose buone nei prossimi mesi. Preghiamo per questo”.

Come riferisce l’agenzia di stampa nazionale Yonhap, negli ultimi mesi Kim Jong-un ha avviato un dialogo con il Sud e con gli Stati Uniti. Ha incontrato per ben due volte Moon, con l’obiettivo di iniziare un percorso di pace che porti al disarmo nucleare totale, e ha promesso di visitare Seul nel futuro: sarebbe il primo presidente nordcoreano nella capitale della Corea del Sud dal 1945.

Se il viaggio del Papa si realizzasse, sarebbe un evento storico, ha detto il vescovo Lazzaro Yoo Heung Sik di Daejeon. Ma ha anche sostenuto che dovrebbero cambiare alcune condizioni. Pyongyang una volta era chiamata la Gerusalemme dell’Est, ed era considerata centro del cristianesimo nel Nord Est Asiatico, ma prima della guerra di Corea la maggior parte dei sacerdoti furono catturati, uccisi o scomparvero. Al momento, in Corea del Nord non ci sono preti, mentre è in corso il processo di beatificazione di 40 monaci e suore dell’abbazia benedettina di Tokwon, martirizzati dai comunisti.

Anche in Corea del Nord, come in Cina con l’Associazione Patriottica, ci sono tre Chiese sponsorizzate dallo Stato, che operano sotto controllo delle autorità, con una Messa occasionale e una liturgia della parola celebrata da un laico.

Cina – Santa Sede, un dialogo per combattere il traffico di organi?

Papa Francesco ha incoraggiato il Vaticano a continuare a cooperare con la Cina nel combattere il traffico di organi, si legge nel Global Times, giornale molto vicino alle autorità di Pechino.

Il trapianto di organi è uno dei temi su cui sta lavorando la Pontificia Accademia per le Scienze, guidato dal Cancelliere, l’arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo, che ha già usato incontri dell’Accademia per favorire un avvicinamento: il 28 settembre 2016, per esempio, ci fu una consultazione sulla Laudato Si, e tra queste anche una delegazione dalla Cina, sebbene non di carattere governativo.

La questione del trapianto degli organi è invece gestita da Francis Dalmonico, della Organizzazione Mondiale della Sanità, che è anche membro della Pontificia Accademia delle Scienze vaticana. È Dalmonico ad aver dichiarato al Global Times che il Papa ha incoraggiato l’Accademia a continuare a lavorare con la task force della Organizzazione Mondiale della Sanità e i leader della Società di Trapianti per combattere il traffico di organi.

La legge cinese del 2015, che proibisce l’uso di organi da prigionieri condannati a morte e proibisce a pazienti stranieri di usufruire di trapianti di organi nello Stato, è considerata un modello.

Il Global Times ha voluto sottolineare che, sebbene Cina e Vaticano non abbiano relazioni diplomatiche, ci sono molti scambi culturali e scientifici, e infatti delegati della Pontificia Accademia delle Scienze sono stati in Cina ad agosto e settembre per partecipare a due conferenze sugli sforzi internazionali per combattere il traffico di esseri umani, e le delegazioni cinesi hanno ricambiato la visita in eventi simili che si sono tenuti in Vaticano nel 2017 e il 2018.

Il nuovo ambasciatore di Olanda presso la Santa Sede presenta le credenziali

Ha presentato oggi a Papa Francesco le lettere credenziali l'ambasciatore Caroline Weijers, che rappresenterà il Regno dei Paesi Bassi presso la Santa Sede. Classe 1959, laureata in Storia alla Catholic University di Nijmegen, è stata funzionario del ministero degli Affari esteri, e poi addetto in Mozambico, alla Rappresentanza Permamente presso l'Unione Europea, funzionario della Direzione Africa al Ministero degli Affari Esteri, capo del dipartimento politico a Pretoria (Sudafrica) e vice capo missione in Marocco.

Dal 2006 ambasciatore, ha rappresentato il Regno dei Paesi Bassi a Cotonou (2006-2009); Ambasciatore e a Tunisi (2009-2012), prima di tornare al Ministero come  Capo del Dipartimento per i Documenti di Viaggio, la Legalizzazione, e la Lotta alle Frodi presso la Direzione degli Affari consolari in materia di politica (2012-2016); Responsabile del Progetto per la Conferenza dei Consoli onorari presso la Direzione Generale degli Affari politici/Commissione diplomatica (dal 2017).