Città del Vaticano , mercoledì, 17. ottobre, 2018 9:00 (ACI Stampa).
La XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi prosegue i suoi lavori e più della metà del cammino è stato percorso. E’ un Sinodo unico nel suo genere quello che si sta svolgendo in Vaticano, dove insieme agli oltre 260 Padri Sinodali, partecipa anche una nutrita delegazione di giovani. E ACI Stampa ha chiesto un primo bilancio ad uno di loro, l’italiano Gioele Anni.
Questa è una esperienza di mondialità. La prima grande bellezza e la prima grande fatica è stata vedere le tante lingue e i tanti approcci diversi alla realtà nei vari continenti, e dico bellezza e fatica perché si respira l’universalità della Chiesa e si capisce la fatica di trovare mediazioni e proposte pastorali concrete che possano andare bene a un contesto così vario e così ampio.
Dire che i giovani sono Chiesa non è una frase fatta. Per te che significato ha?
Non c’è un dentro o fuori la Chiesa. Ci sono giovani che hanno domande di fede, di senso profondo, qualcuno - come noi che siamo qui - ha avuto il dono di ricevere la fede in famiglia, fin da piccoli, di essere inserito in un percorso, qualcuno è in ricerca non essendo dentro la Chiesa. Noi giovani che siamo nella Chiesa non siamo diversi da altri giovani e questo condividere le domande di fondo penso possa essere un nostro contributo utile ai pastori che si interrogano su come elaborare proposte per la Chiesa di domani.
Avevi le stesse aspettative che hai adesso quando sei entrato per la prima volta al Sinodo?