Seoul , mercoledì, 10. ottobre, 2018 16:00 (ACI Stampa).
“Mettiamo tutto nel cuore Immacolato della Vergine Maria. Lei sa quando e come ci possa essere una riconciliazione tra la famiglia coreana che vive al Nord e quella che vive nel Sud”. Con queste parole il nunzio in Corea del Sud l’arcivescovo Alfred Xuereb ha commentato la notizia dell’invito del presidente non coreano a Papa Francesco. “Il cammino è ancora all'inizio - dice il nunzio- ma sono stati fatti dei passi concreti che hanno cambiato il clima generando speranza”.
Sono 23 anni che alle 7 di sera di ogni martedì i cattolici di Seul si riuniscono nelal cattedrale di Myeong-dong per celebrare la messa e pregare per la riunificazione.
E la preghiera si estende anche alle 57 parrocchie che erano attive nel nord prima che il paese fosse diviso.
Intanto la attività pastorale del Nunzio che porta la parola del Papa prosegue nelle diocesi vicine a Seul. “Domenica scorsa - spiega Xuereb- ho visitato una diocesi confinante a Seoul per celebrare la messa nell'unico santuario mariano della Corea, nella festa della Madonna del rosario. Il santuario è ancora in fase di allestimento e la messa è stata tenuta all'aperto. Il tempo ci ha assistiti e c'erano circa 2,500 persone. Liturgia ben curata con bei canti”.
Il nunzio porta la carezza del Papa soprattutto agli ultimi come il centro di assistenza per disabili, Dul-Dasot-Haenuri” (ndr. che singifica “due-cinque-sole-mondo”), portato avanti con molta professionalità da un sacerdote della diocesi con l'aiuto di 50 impiegati. “ E’ triste però - dice l’ arcivescovo- sapere che è stato costruito appositamente fuori città perché le persone "normali" non devono essere messi a disagio vedendo i disabili. Ho approfittato della presenza di alcuni giornalisti per dire che mentre ero felici di vedere la professionalità dell'assistenza ai disabili, ero triste nel costatare che il centro sia stato costruito alle periferie della città. Ho continuato a dire che delle volte pensiamo che sia un bene per noi "normali" non avere contatto con i disabili, invece oltre che farebbe bene ai disabili stessi farebbe bene anche a noi "normali" venire a contatto con le realtà della vita”.