Bruxelles , venerdì, 12. ottobre, 2018 16:00 (ACI Stampa).
Può l’eutanasia essere permessa, sotto determinate condizioni, all’interno di ospedali cattolici, anche solo per conformarsi alla legge? No, è stata la risposta netta dei Fratelli della Carità, congregazione di laici fondata nel 1807 in Belgio, che alla fine di marzo 2017 si sono trovati ad affrontare una crisi interna proprio perché, invece, l’associazione che gestisce gli ospedali nella loro nazione di origine aveva dato risposta negativa. Un dibattito interno che ha portato alla decisione di non rinnovare il mandato sugli ospedali di due Fratelli della Carità che avevano avallato la decisione.
Luc Lemmens, 61 anni, e Veron Raes, 57 anni, sono stati informati a fine settembre che il loro mandato non sarebbe stato rinnovato. Sono due dei tre membri della Congregazione che siedono nel board di gestione dei 15 ospedali psichiatrici della Congregazione in Belgio, che sono dati in gestione ad una organizzazione denominata “Fratelli della Carità”, una non profit di cui solo tre membri sono fratelli professi, che ha dato appunto il via libera alla possibilità della pratica eutanasica negli ospedali, considerata un “atto medico” a determinate condizioni..
Una ferita aperta, per Fratel René Stockman, superiore generale della Congregazione, che da subito si è battuto perché gli ospedali ritirassero anche solo la minima possibilità di praticare l’eutanasia, anche a pazienti in una situazione non terminale.
Il recente capitolo generale ha confermato la linea: Fratel Stockman è stato confermato generale della Congregazione, e le linee guida per il nuovo capitolo sono state quelle di essere “radicali nella profezia”.
Normale che, dopo il capitolo generale, tutta la Congregazione si conformasse alle direttive, e i due fratelli membri del Consiglio che avevano accettato la linea non sono stati rinnovati nel loro incarico.