In occasione della festa nazionale del Nicaragua, che si celebra il 15 settembre, Papa Francesco ha inviato lo scorso 31 agosto un breve messaggio, con un cordiale saluto, l’assicurazione di preghiere per i figli e le figlie di questa “amata nazione”, e l’invocazione a Gesù, principe della pace, perché “conceda a tutti i doni di una fraterna riconciliazione e una pacifica e solidale convivenza”.
Il messaggio è significativo perché i 197 anni di indipendenza si festeggiano nel pieno di una crisi socio-politica in atto di aprile, che ha portato a circa 400 vittime secondo gli osservatori internazionali e 198 secondo Managua, e durante la quale i paramilitari hanno attaccato anche i vescovi, inclusi il Cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, e il nunzio Waldemar Stanislaw Sommertag, rei di aver preso posizione a fianco del popolo.
Più volte, Papa Francesco all’Angelus ha espresso dolore e preoccupazione per la situazione.
La Conferenza episcopale del Nicaragua aveva preso il ruolo di mediatore nel cosiddetto Dialogo Nazionale tra governo e opposizioni, ma era subito apparsa evidente la difficile posizione dei vescovi.
La Santa Sede a Ginevra parla di diritto all’acqua, diritto allo sviluppo e diritti umani
Sono tre i discorsi che la missione della Santa Sede ha presentato alle Nazioni Unite nel corso di quest’ultima settimana.
Il 10 settembre, si discuteva di Acqua e Igiene Sanitario nell’ambito della 39esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani. Nel suo intervento, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra, ha sottolineato che l’acqua è un “diritto umano che richiede una distribuzione equa e un eguale accesso alle risorse”, ma che questo significa “evitare di trattare l’acqua meramente come un bene che ha precedenza sul diritto umano dell’acqua”.
La Santa Sede ha rimarcato che “l’acqua è una preziosa risorsa, l’accesso alla quale è un diritto basico e inalienabile di ogni essere umano”, ma è anche una responsabilità da “non sprecare”, e per questo “è saggio ci sia una integrazione dei temi migratori nella considerazione in qualunque cornice che prevede la gestione delle risorse d’acqua e, in maniera reciproca, una considerazione della questione dell’acqua in ogni cornice di gestione delle migrazioni”.
Insomma, le migrazioni e il cambiamento climatico devono essere considerati in modo da “assicurare acqua potabile per tutti”, vale a dire che si devono riconoscere “i beni delle migrazioni per lo sviluppo”.
Il 12 settembre c’è stato un dibattito sul diritto allo sviluppo, sempre nell’ambito del 39esimo Consiglio per i Diritti Umani. L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che l’obiettivo dell’agenda 2030 per cui “nessuno debba essere lasciato indietro” rappresenta ormai un dovere per ogni istituzione, e che la persona umana, con i suoi diritti e doveri religiosi e sociali è “sia fondamento che agente dello sviluppo umano integrale”, e che il concetto di “dignità della persona umana” rimarrà solo uno slogan se “non si traduce in politiche dello sviluppo inclusive, centrate sui diritti umani e capaci di raggiungere tutti i segmenti della società”.
La Santa Sede ha anche notato che i diritti umani “devono essere rispettati come una espressione di giustizia, e non meramente perché possono essere rafforzati attraverso la volontà dei legislatori”, e che “la legalità spesso prevale sopra la giustizia quando l’insistenza sui diritti li fa sembrare come il risultato esclusivo di promulgazioni legislative o decisioni normative dalle varie agenzie di quanti sono al potere”.
La preoccupazione della Santa Sede riguarda soprattutto il fatto che in molti incontri multilaterali si parla di una nozione di diritti umani che può essere dibattuta, mentre questi diritti umani sono contrari al principio di molte nazioni, e che quindi rappresentano una “forma moderna di colonizzazione ideologica”, che “danneggia la cooperazione tra le nazioni piuttosto che sviluppare la pace e il vero sviluppo”.
Al contrario – ha aggiunto l’arcivescovo Jurkovic – quando i “i diritti umani sono basati sulla legge naturale, iscritti nel cuore umano e presenti in differente culture e civilizzazione”, la loro promozione può diventare “la strategia più efficace per eliminare le ineguaglianze tra le nazioni e i gruppi sociali e per far crescere la sicurezza”.
L’arcivescovo Jurkovic ha anche chiesto che gli individui svantaggiati e marginalizzati devono comunque avere la possibilità di partecipare “nel meccanismo decisionale come agenti degni del loro stesso destino”, e che questo approccio partecipativo “sarà di successo solo se rispetta il rispetto della sussidiarietà”, coinvolgendo anche “le comunità locali, i centri di educazione e altri servizi in cui è attiva la Chiesa Cattolica”.
Il 14 settembre, al dibattito generale del 39esimo Consiglio dei Diritti Umani, la Santa Sede ha sottolineato che “i giovani, ora più che mai, sono sogno di sicurezza, stabilità, soddisfazione”, e desiderano affermare la loro “inerente dignità di lavorare, partecipare attivamente nella definizione del futuro e della società”, ma “l’economia mondiale, sebbene in crescita, non è capace di creare abbastanza lavori di qualità per i giovani”.
Succede – sottolinea l’arcivescovo Jurkovic – sia nelle nazioni in via di sviluppo che in quelle sviluppate, e “le giovani donne sono le più vulnerabili”, spesso vittime di “differenti forme di sfruttamento, ingiuste condizioni di lavoro e inadeguati livelli di remunerazione”, mentre i giovani dissoccupati tendono ad essere “demoralizzati”.
La situazione “non è aiutata dalla corrente instabilità mondiale, che è anche uno dei fattori che spinge a drammatici movimenti di giovani per sfuggire a povertà conflitti ed effetti del cambiamento climatico”.
Per questo, la Santa Sede ritiene necessario ricostruire e riadattare le connessioni tra educazione e lavoro”, il costruire nuove abilità cognitive, e allo stesso tempo dare voce politica forte ai giovani, perché nelle nazioni sviluppate sono pochi rispetto ai vecchi, nelle nazioni in via di sviluppo la loro partecipazione è spesso silenziata. Nuovi ambasciatori presso la Santa Sede
Marek Lisanski, ambasciatore di Slovacchia presso la Santa Sede, ha presentato lo scorso 13 settembre le sue credenziali a Papa Francesco. Classe 1976, sposato con tre figli, ha un dottorato in diritto e si è occupato in maniera particolare anche di rapporti tra Slovacchia e Ungheria, nonché di vittime della Shoah: è stato infatti dal 2007 al 2009 rappresentante del governo presso il Consigliere per la riabilitazione delle vittime dell’Olocausto, e dal 2008 al 2014 rappresentante della Repubblica Slovacca presso il Comitato gestionale del Monumento nel Campo di sterminio nazista di Sobibór.
Da segnalare, tra le udienze del 13 settembre, anche quella che Papa Francesco ha concesso all’arcivescovo Paul Fitzpatrick Russell, nunzio apostolico in Turchia, Turkmenistan e Azerabijan. È la prima volta che il nunzio in Azerbaijan non è anche nunzio negli altri due Paesi del Caucaso, Armenia e Georgia, e la questione è dovuta anche alle tensioni tra Armenia e Azerbaijan. Possibile tema del colloquio, il nuovo ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede.
La Turchia ha infatti scelto il successore di Mehmet Pacaci nei rapporti con il Vaticano. Lo scorso 13 settembre, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha notificato ai nuovi ambasciatori le loro nuove destinazioni. Il consulente stampa del presidente Recep Tayip Erdogan, Luftulla Gotkas, è stato nominato come nuovo ambasciatore presso la Santa Sede.
Pacaci, studioso molto conosciuto in patria, è stato colui che ha gestito la crisi tra Turchia e Santa Sede dopo le dichiarazioni di Papa Francesco sul genocidio armeno. La distensione dei rapporti rese più facile il viaggio del Papa in Armenia. Dal 24 al 26 giugno 2016.
Arriverà invece il 24 settembre il nuovo ambasciatore di Irlanda presso la Santa Sede, ma le lettere credenziali saranno presentate nei prossimi mesi per via di una lunga coda per la presentazione delle credenziali. Il nuovo ambasciatore è Derek Hannon, che ha già servito da diplomatico nell’ambasciata presso la Santa Sede, e sostituisce Imma Madigan, che ha avuto tra i suoi compiti quello di riportare l’ambasciata di Irlanda a Roma dopo che nel 2011 era stata chiusa l’ambasciata residenziale presso la Santa Sede – ma non i rapporti diplomatici.
Secondo il primo ministro di Hong Kong, l’accordo tra Cina e Santa Sede è imminente
C’è molta tensione a Taiwan riguardo un eventuale accordo tra Cina e Santa Sede sulle nomine dei vescovi. Lo scorso 13 settembre, il ministero per gli Affari Esteri ha diffuso una nota secondo la quale numerosi fonti parlano di una firma imminente dell’accordo, tra settembre e ottobre.
L’accordo andrebbe a regolare le nomine dei vescovi in Cina, cd ha trovato la fiera opposizione di alcuni membri della Chiesa, come il Cardinale Joseph Zen, che vi vedono una deroga alla libertà religiosa e la libertà della Chiesa di nominare vescovi, e altri più possibilisti, come il Cardinale John Tong Hon, che invece sostengono che un coinvolgimento del governo nelle consultazioni previe non tocca la libertas ecclesiae, ma allo stesso tempo permette di avere rapporti meno tesi sul tema della libertà religiosa.
La paura di Taiwan è quello che l’accordo sia un primo passo verso una intesa diplomatica che porterebbe inevitabilmente la Santa Sede a rompere i rapporti diplomatici con Taiwan. La Santa Sede è uno dei 17 Stati nel mondo che riconoscono Taiwan. Nelle scorse due settimane, anche El Salvador ha stretto rapporti diplomatici con la Cina e ha rotto i rapporti con Taiwan.
La Santa Sede ha nominato l’arcivescovo Fortunatus Nwachuwu nunzio in Belize, posto generalmente destinato al nunzio in El Salvador, anche presumibilmente come risposta diplomatica, per mantenere insieme le nazioni che ancora preferiscono le relazioni con El Salvador.
Negli ultimi due anni, Taiwan ha perso 5 alleati a favore di Pechino negli ultimi due anni. Sull’isola ci sono circa 300 mila cattolici, e i vescovi di Taiwan in visita ad limina lo scorso maggio hanno invitato a visitare l’isola.
Un incontro sulla sicurezza alimentare in Vaticano
È stato aperto dal “ministro degli Esteri” vaticano Paul Richard Gallagher l’incontro su “Sicurezza Alimentare e Diete Salutari” organizzata dalla Pontificia Accademia delle Scienze in Vaticano dal 12 al 13 settembre.
Il laboratorio ha avuto l’obiettivo di mettere in luce come tutte le persone, specialmente le più vulnerabili, debbano avere accesso a cibi sicuri, accessibili e nutrienti, necessari per sostenere la loro vita e la dignità umana.
Obiettivo della conferenza è stato quello di parlare delle ultime scoperte scientifiche e innovazioni riguardo la sicurezza alimentare. Un focus specifico è stato dedicato alle nazioni di basso e medio reddito. Le conclusioni rappresentano anche un contributo per la Santa Sede in vista della Conferenza Internazionale sulla Sicurezza Alimentare del 2019, co sponsorizzata dalla FAO e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Joachin von Braun, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, ha sottolineato che “viviamo in un mondo in cui il numero delle persone malnutrite è cresciuto a 815 milioni nel 2017, sebbene un terzo del cibo prodotto annualmente per il consumo umano va perso o buttato”.
Il nunzio apostolico in Russia incontra il metropolita Hilarion
Il 13 settembre, il metropolita Hilarion ha incontrato l’arcivescovo Celestino Migliore, nunzio apostolico presso la Federazione Russa. Ne dà notizia il sito del Patriarcato di Mosca.
Sempre secondo il patriarcato, i “partecipanti al meeting hanno discusso l’attuale agenda delle relazioni tra il Patriarcato di Mosca, la Santa Sede e altri temi di comune interesse per la Chiesa Ortodossa Russa e la Chiesa cattolica”.
All’incontro hanno preso parte anche l’archimandrita Filaret, vice di Hilarion, e lo ieromonaco Stefano, segretario del Patriarcato di Mosca per le relazioni inter-cristiane.
Possibile che dell’incontro si sia anche parlato della richiesta di autocefalia di due Chiese ortodosse ucraine non ufficialmente riconosciute. Il tema è stato anche oggetto di un incontro tra il Patriarca russo Kirill e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, che ha ricevuto la richiesta in quanto primo della sinassi.
Dopo l’incontro, Bartolomeo ha nominato due esarchi del Patriarcato ecumenico in Ucraina, per valutare la questione della richiesta delle due chiese ortodosse ucraine. La nomina è stata mal ricevuta dal Patriarcato di Mosca, e negli scorsi giorni anche il sinodo di Bielorussia, direttamente legato a Mosca, ha espresso condanna per la decisione del Patriarcato Ecumenico. Bartolomeo, dal canto suo, ha chiesto invece la convocazione di un Concilio Pan-Ortodosso.
Il Grande e Santo Concilio Pan-Ortodosso si è tenuto nel 2016. Il Patriarcato di Mosca, dopo aver partecipato alle riunioni preparatorie, non ha partecipato, così come non vi ha voluto partecipare la Chiese ortodosse di Georgia.