Città del Vaticano , venerdì, 14. settembre, 2018 17:00 (ACI Stampa).
“Il Papa continuerà a ripetere i suoi appelli perché noi siamo convinti che solo se si sceglie la strada del dialogo e del negoziato si potrà arrivare a una soluzione pacifica e duratura”. Lo ha detto il Cardinale Pietro Parolin in occasione dell’apertura, all’Urbaniana, della riunione sulla crisi umanitaria irachena e siriana.
L’attuale situazione umanitaria in Siria e in Iraq configura una crisi prolungata e complessa con un grave impatto sulle popolazioni civili locali. Sette anni dopo l’inizio del conflitto in Siria, infatti, i dati delle Nazioni Unite restano allarmanti e dimostrano quanto ancora siano urgenti i bisogni delle persone colpite dalla crisi e quanto lavoro sia necessario nel quadro della risposta ad essa.
Per quanto la riguarda la Siria il Cardinale Parolin si esprime così: “In Siria si assiste ancora ad un complesso processo politico-militare, i cui esiti rimangono ancora incerti. “Siamo stati testimoni –sottolinea il Segretario di Stato– di violenze inaudite e di una crisi umanitaria senza precedenti. La Santa Sede continua ad essere gravemente preoccupata per l’aumento della tensione tra gli attori regionali e internazionali che hanno fatto della Siria territorio di scontro di una guerra per procura”.
In Siria, più di 13 milioni di persone sono in stato di bisogno; vi sono 6,6 milioni di sfollati interni, mentre 5,6 milioni sono i rifugiati registrati nei paesi limitrofi, principalmente in Turchia, Libano e Giordania.
Per l’Iraq, il Cardinale Parolin commenta: “E’ stato possibile avviare il processo di ricostruzione materiale dei luoghi distrutti, in particolare dei villaggi cristiani della Piana di Ninive, e il progressivo e lento rientro dei cristiani nelle loro case”. “Purtroppo – sottolinea il porporato- le tensioni tra il governo centrale di Baghdad e il governo regionale del Kurdistan continuano ad avere degli effetti sulla normalizzazione della vita delle comunità cristiane con forti preoccupazioni per il futuro e per il pericolo di cambiamenti nell’assetto demografico di quel territorio, culla del cristianesimo in Iraq”.