È un orizzonte in cui “anche lo spirito della solidarietà umana e cristiana viene messo a dura prova”. Ma i vescovi – sottolinea il presidente del CCEE – sono consapevoli che “se l’Europa perdesse il senso della solidarietà tra singoli, popoli e Stati, sarebbe tradire il messaggio cristiano e un impoverimento della civiltà, una diminuzione del civis europeo”.
La Chiesa in Europa è chiamata a non far perdere questo messaggio di solidarietà, a mantenere una cura pastorale, ma anche ad analizzare i fenomeni, e in particolare l’eccesso antropologico, il “transumanesimo” che sottolinea come la dignità dell’uomo non sta “nell’essere immagine e somiglianza di Dio, ma nella sua autonomia più assoluta, fino a trasformare non solo la natura, ma anche il proprio corpo”, teorizzando che “più i comportamenti sono artificiai, più l’uomo può affermare la sua autodeterminazione e la sua dignità”.
Allo stesso tempo, denuncia il Cardinale Bagnasco, viene “diffusa e propagandata una crescente intolleranza per quella visione antropologica che il cristianesimo ha ispirato nel grembo europeo”, e le conseguenze sono “la solitudine, una invivibile cultura del sospetto verso persone ed istituzioni”, ma anche “atteggiamenti di presunzione, di pretese superiorità, di arroganza”, facendo sì che “il clima si corrompa, i rapporti si indeboliscano e gli interessi particolari prendano il sopravvento della gratuità del servizio reciproco”.
Eppure – sottolinea ancora il Cardinale – “la Chiesa crede nell’Europa, nella sua cultura cristiana”, e crede nel fatto che “la cultura nasce dal culto, e cioè dalla religione che svela agli uomini la loro origine e li richiama al loro destino generando civiltà, bellezza fraternità operosa”.
C’è bisogno, insomma, di riannunciare Cristo, perché è quello “il più grande atto d’amore verso i nostri popoli e il continente, il modo giusto di essere nel mondo senza essere del mondo”, senza aver paura della “debolezza, i limiti e neppure dei peccati che la condizione umana porta con sé e che sono fonte di dolore”.
“La Chiesa – afferma il Cardinale Bagnasco – è consapevole che la sua è innanzitutto una autorità mistica e liturgica, che la fonte è Cristo stesso, Salvatore del mondo”.
Continua il Cardinale: “Il Signore ha posto nelle mani della Chiesa un tesoro universale senza del quale tutto diventa possibile, anche forme di totalitarismo laicista che in nome dell’uomo lo nega di fatto. La nostra storia sta lì a ricordare a noi e a tutti che allontanarsi da Cristo significa generare mostri; ricorda che parlare delle conseguenze del Vangelo senza parlare di Cristo può ottenere qualche iniziale attenzione, ma che presto svanisce”.
Annunciare Cristo, dunque, perché “imparino a vivere nella verità e nel bene”, consapevoli “che senza la grande Speranza, le speranze quotidiane non hanno consistenza, così come senza il grande Bene i nostri beni scolorano perché effimeri; senza Colui che si è fatto samaritano dell’umanità ogni forma di solidarietà si presenta fragile, esposta a calcoli che non rispondono alla gratuità che risplende sulla croce di Gesù”.
L’appello è anche ai sacerdoti, perché non manchino di fiducia e rinnovino la generosità nella quotidiana vicinanza alla gente, perché facciano come gli antichi evangelizzatori e camminino sulle strade dell’Europa per condividere il tesoro della fede cristiana e della Chiesa.
Parlando con i giornalisti in conferenza stampa, il Cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster e vicepresidente del CCEE, ha parlato anche della formazione delle coscienze che viene dalla solidarietà, perché “c’è una tendenza naturale dei giovani di seguire quelli che hanno bisogno, e questo diventa l’opportunità di formare le coscienze. Quello che noi impariamo dal nostro lavoro in solidarietà sono le motivazioni più profonde della giustizia, e in questo modo l’itinerario di solidarietà porta alla fede”.
Il Cardinale Bagnasco ha poi sottolineato che i pastori seguono i giovani con trepidazione perché “tutti, in particolare i più giovani, sono circondati da una bolla di bugie: sulla vita, sul sesso, sulla morte, sull’amore, sull’affettività, che tende a devastare, a destrutturare la natura umana e sono bugie violente e subdole verso chi per ragioni di età può avere meno struttura, possibilità e preparazione. La simpatia profonda, l’affetto e la trepidazione caratterizza il nostro approccio al mondo giovanile e ci rende pastori responsabili di stare più vico a loro per aiutarli a non sbagliare la strada, che può voler dire ‘perdere la vita’. ”.
E ha aggiunto: “Si dice che i giovani oggi sono sempre più lontani dalla hiesa e in parte è sicuramente vero, perché l’aria che tutti respiriamo non ci aiuta, ma la loro propensione istintiva di aiuto, di attenzione verso gli altri è una grande chance educativa che i giovani hanno”.
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L’arcivescovo Stanislaw Gadecki di Poznan ha invece sottolineato: “Parlando di come trasmettere la fede ai giovani, bisognerebbe pensare chi lo deve fare e come si deve trasmettere. Bisognerebbe riproporsi la consapevolezza che ogni battezzato può essere testimone di Cristo”.