Città del Vaticano , mercoledì, 12. settembre, 2018 10:05 (ACI Stampa).
Nell’Udienza Generale odierna in Piazza San Pietro, Papa Francesco torna sul tema già affrontato la settimana scorsa: il giorno del riposo. Questa volta il Pontefice distingue: “Mentre nell’Esodo il motivo del riposo è la benedizione della creazione, nel Deuteronomio, invece, esso commemora la fine della schiavitù. In questo giorno lo schiavo si deve riposare come il padrone, per celebrare la memoria della Pasqua di liberazione”.
Per Francesco, infatti, “gli schiavi per definizione non possono riposare”. Ed esistono molti tipi di schiavitù: “Ci sono le costrizioni esterne come le oppressioni – elenca Papa Francesco - le vite sequestrate dalla violenza e da altri tipi di ingiustizia. Esistono poi le prigionie interiori, che sono, ad esempio, i blocchi psicologici, i complessi, i limiti caratteriali e altro. Esiste riposo in queste condizioni? Un uomo recluso o oppresso può restare comunque libero? E una persona tormentata da difficoltà interiori può essere libera?”.
Il Papa porta anche esempi al contrario: “Ci sono persone che, persino in carcere, vivono una grande libertà d’animo. Pensiamo, ad esempio, a San Massimiliano Kolbe, o al Cardinale Van Thuan, che trasformarono delle oscure oppressioni in luoghi di luce. Come pure ci sono persone segnate da grandi fragilità interiori che però conoscono il riposo della misericordia e lo sanno trasmettere”.
“Che cos’è dunque la vera libertà?”, chiede il Papa. “Sappiamo bene – osserva ancora il Papa - che poter fare ciò che si desidera non basta per ad essere veramente liberi, e nemmeno felici. La vera libertà è molto di più. Infatti, c’è una schiavitù che incatena più di una prigione, più di una crisi di panico, più di una imposizione di qualsiasi genere: la schiavitù del proprio ego”. “Il proprio ego ha una statura più alta del proprio corpo”, dice il Papa a braccio.
Francesco conclude così la sua catechesi: “Chi è dunque il vero schiavo? Chi è colui che non conosce riposo? Chi non è capace di amare! Il terzo comandamento, che invita a celebrare nel riposo la liberazione, per noi cristiani è profezia del Signore Gesù, che spezza la schiavitù interiore del peccato per rendere l’uomo capace di amare. L’amore vero è la vera libertà: distacca dal possesso, ricostruisce le relazioni, sa accogliere e valorizzare il prossimo, trasforma in dono gioioso ogni fatica e rende capaci di comunione. L’amore rende liberi anche in carcere, anche se deboli e limitati”.