Gualdo Tadino , mercoledì, 19. settembre, 2018 16:00 (ACI Stampa).
In una calda estate due turisti si avventurano nella bella e soleggiata campagna del Moranese. Camminando lungo i campi dorati di grano incontrano casolari diroccati e disabitati.
Quando improvvisamente ne avvistano uno dove si intravedono segni di vita. Circondato da una staccionata, qualche pecora che pascola poco più in là, una stalla da dove arrivano muggiti, ed una modesta casetta con la porta d’ingresso aperta. Qualche gallina e qualche oca razzolano nell’aia e alla vista dei due scappano lasciando piume e grida.
I due rassicurati da questa immagine bucolico provano a bussare. Si presenta all’ uscio una donnetta minuta e risoluta, con un camicione e un grembiulone annodato dietro la schiena, i capelli raccolti in un fazzoletto legato alla nuca e le mani infarinate: “ Chi siete, che volete?” domanda incuriosita e anche stizzita. “ Siamo testimoni di Geova alla ricerca di pecorelle smarrite” rispondono i due.
La donna allarmata va verso la stalla urlando: “ Gustavo, corri, ci sono due di Genova che hanno perso le pecore!” “ Che c’è?” risponde dalla stalla un vocione sgraziato. Sulla soglia compare un omaccione basso e tarchiato con dei pantalonacci larghi e sudici tenuti su da due bretellone sfilacciate, una maglia colorita dagli aloni di sudore, e pochi capelli irti che da tempo non provavano il piacere del sapone.
Emanava uno strano odore misto a puzza di stalla e sporcizia personale. “Curre, vien’ò, sti due so di Genova e s’enno persi le pecore” ripete la moglie in dialetto. “ E che c’entramo noijarti? Ste bestie so’ tutte nostre”.