Nel romanzo, dunque, si ipotizza che questa comunità di religiosi diventi un vero e proprio casus: non solo celebrano la messa in latino, confessano individualmente i fedeli, nonostante le disposizioni che le hanno abolite. Loro malgrado finiscono al centro di una bufera mediatica, perché la gente viene da ogni dove per veder celebrare quella messa, per pregare con loro, per confessarsi. Tanto che in Vaticano temono che si vada troppo in la', dunque mandano un "visitatore" con indicazioni precise per l'abate per far tornare tutto alla normalità.
I monaci, con l'abate in testa, devono rendersi conto che le cose sono cambiate, che la fede e' cambiata, la messa non e' che un rito simbolico, un momento di riunione per la gente che vuole trovare il Dio con -gli - altri, il Dio sociale che ora deve essere al centro della nuova fede. La Chiesa è portatrice della vera Rivoluzione, la Tradizione deve ritirarsi. E, cosa ancora più eclatante, si sta lavorando per una "fusione" del cristianesimo con il buddismo. Questo proprio grazie alla supervisione dell'ordine a cui appartiene l'abbazia. Dunque, non ci vogliono scandali, ribellioni, scismi, in un momento tanto delicato.
Comincia il confronto con l'abate e con tutta la comunità di monaci. Come finisce? Non si tratta di un giallo, ma neppure di un serioso pamphlet mascherato da romanzo. Siamo in presenza di un vero e proprio racconto con ritmo, suspence e grande profondità nei dialoghi, dunque il finale non e' quello che si possa definire un reale finale, anche perché l'autore probabilmente non voleva arrivare a nessuna conclusione definita. Si tratta di mettere in scena una contrapposizione, un dramma, un dilemma in cui si dibatte da molto tempo la Chiesa: la tradizione va conservata e custodita gelosamente, va superata, va fatta dialogare con la modernità? La secolarizzazione è un'occasione o un pericolo?
Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. Visto che il dilemma conta ormai decenni di dibattiti, scontri, incontri, a volte anche molto aspri, generalmente sintetizzata in una contrapposizione tra tradizionalisti e progressisti. Quale delle due posizioni custodisce davvero il depositum fidei trasmesso da duemila anni? Nel breve romanzo di Moore non si trovano risposte precise. La strenua difesa dei monaci di Muck della messa in latino, della sua natura di miracolo in cui Cristo si fa presente nel corpo e nel sangue, della confessione individuale, contro la pretesa di chi dovrebbe conservare il primato petrino e invece sembra snaturarlo, ha come "faccia oscura", come controparte la difficile situazione dell'abate, che rischia ogni giorno di perdere la fede:" Quando cercava di pregare, solo il nulla si materializza va e quando sprofondava nel suo malessere ci restava per giorni, settimane, mesi, a volte un anno".
Dunque, lo scrittore sembra pensare che non basta la difesa ad oltranza delle forme e dei riti per salvare davvero la fede, perché essa sia quella descritta da Benedetto XVI, cioè "la gioia e il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo".
In ogni caso, il romanzo è una bella occasione per riflettere sulle questioni messe sul tappeto, ed è anche una gran bella occasione di lettura. Colpiscono le rapide e poetiche immagini usate per far sorgere davanti ai nostri occhi l'isola remota, con la sua abbazia antica abbarbicata sulle rocce, che appare al giovane prete, arrivato da Roma per "rimettere" a posto la cose, come una barca rovesciata in mezzo al mare.
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Si possono godere i dialoghi incalzanti, i ritratti incisivi dei monaci che vanno e vengono lungo gli stretti viottoli dell'isola levigati dal vento, dal sole, dal mare. Ci si può confrontare con la solitudine, la paura, il, dolore che scuotono le anime e il grande mistero di uomini che cercano la verità.