L'Aquila , domenica, 2. settembre, 2018 16:00 (ACI Stampa).
Nella basilica di Collemaggio, appena riaperta dopo il terremoto del 2009, L’Aquila ha celebrato il Perdono di san Pietro Celestino, secondo il testo della Bolla:
“Noi, che nel giorno della decollazione di san Giovanni, nella chiesa benedettina di Santa Maria di Collemaggio in Aquila ricevemmo sul nostro capo la tiara, desideriamo che con ancor più venerazione tal Santo venga onorato mediante inni, canti religiosi e devote preghiere dei fedeli.
Affinché, dunque, in questa chiesa la festività della decollazione di san Giovanni sia esaltata con segnalate cerimonie e sia celebrata con il concorso devoto del popolo di Dio, e tanto più devotamente e fervidamente lo sia quanto più in tale chiesa la supplice richiesta di coloro che cercano Dio troveranno tesori della Chiesa che risplendono dei doni spirituali che gioveranno nella futura vita, forti della misericordia di Dio onnipotente e dell'autorità dei suoi apostoli SS. Pietro e Paolo, in ogni ricorrenza annuale della festività assolviamo dalla colpa e dalla pena, conseguenti a tutti i loro peccati commessi sin dal Battesimo, quanti sinceramente pentiti e confessati saranno entrati nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio dai vespri della vigilia della festività di San Giovanni fino ai vespri immediatamente seguenti la festività”.
Nell’omelia della celebrazione eucaristica di chiusura della Perdonanza il vescovo della diocesi aquilana, il cardinale Giuseppe Petrocchi, ha invitato i fedeli a perdonare: “Sappiamo che vivere la misericordia è un’arte difficile, che si apprende gradualmente, con l’esercizio e con la piena fiducia nella forza redentiva della grazia. Come ogni virtù, non si improvvisa. Perdonare, in senso cristiano, è la prima espressione pratica del verbo amare.
Infatti, ‘tra tutte le virtù che riguardano il prossimo, scrive san Tommaso d’Aquino, la più eccellente è la misericordia’. Va sottolineato che il perdono è una medicina, anzitutto per se stessi. Guarisce molte malattie spirituali, psicologiche e comunitarie, che intossicano la nostra esistenza. Il risentimento, infatti, impedisce la circolazione della carità, che è come l’ossigeno dell’anima. Ed i primi a rischiare questa ‘asfissia’ interiore e relazionale, siamo proprio noi”.