Città del Vaticano , sabato, 18. agosto, 2018 14:00 (ACI Stampa).
Quando religione e archeologia si fondono si scoprono delle storie ricche di fascino. E questo è vero soprattutto per il Medio Oriente e il bacino del Mediterraneo.
Nel 1880 a Tunisi l'abate Labouille scrive una lunga lettera a Propaganda Fide per informare la Congregazione della nuova scoperta delle antichità cristiane di El-Kef, la antica Sicca Veneria. Della città si conoscono sette vescovi fina dal 256, dal Concilio di Cartagine, fino alla metà del VII secolo.
E la scoperta più interessante era quella della basilica di San Pietro del V secolo, insieme alla basilica grandiosa con arcate di un'armoniosa potenza, edificata nel IV secolo. Nella città all'inizio del V secolo Sant'Agostino si impegnò ad animare la vita monastica.
Come ha spiegato Chiara Cecalupo al XVII Congresso internazionale di Archeologia Cristiana (CIAC) che si è svolto a Utrecht e Nimega all’inizio di luglio, il testo scritto in latino è particolarmente prezioso. Riporta la descrizione accurata di due edifici di culto e alcune iscrizioni, che aiutano a indagare sui primi cristiani e sul passato della città.
Un testo che permette di comprendere la lunga vita del complesso cristiano di el-Kef. Ma soprattutto è una testimonianza della storia dell'archeologia cristiana e delle ricerche in una regione di confine alla fine del 19 ° secolo, quando gli studi dei primi cristiani cominciano a coinvolgere seriamente le aree del Nord Africa dove durante il diciannovesimo secolo si può dire che i gruppi religiosi abbiano avuto un ruolo chiave riscoprendo il ricco passato storico dell'area dall'Algeria alla Tunisia.