Vilnius , lunedì, 27. agosto, 2018 16:00 (ACI Stampa).
Se il processo di beatificazione del vescovo Profittlich è ancora aperto, è già stato beatificato Teofilos Matulionis, vescovo lituano che morì martire “propter arumnas carceris”, a causa delle sofferenze in carcere, dopo essere stato imprigionato nel 1923, nel 1929 e infine nel 1946, per poi morire nel 1958, tre giorni dopo la severa perquisizione della sua casa di cui fu oggetto.
La Messa per la beatificazione di Teofilus Matulionis attirò, nel 2017, vescovi da tutto il mondo. Lo stesso motto del beato “Per crucem, ad astra”, verso le stelle, attraverso la croce, rappresenta un po’ il percorso di tutti i territori ex sovietici in cui ogni fede fu perseguitata, e che hanno sofferto una croce immensa per poter vedere le stelle.
Ma c’è un luogo, in questo territorio del sangue, che è particolarmente simbolico a Vilnius, ed è il Museo del Genocidio, che era il vecchio edificio del KGB. Vi fu imprigionato, nei seminterrati, anche Matulionis. Ma non solo.
Il Museo del Genocidio ha una delle storie più oscure di tutti gli edifici di Vilnius, e si trova in quello che viene chiamato “territorio del sangue”. Era un ginnasio, ma durante l’occupazione nazista della Lituania nel 1941 divenne il quartier generale della Gestapo, la polizia militare tedesca. Quando i nazisti lasciarono la città nel 1944, divenne il quartiere generale del KGB, la polizia segreta sovietica, che vi rimase fino al 1991, quando la Lituania divenne indipendente dall’Unione Sovietica.
Il Museo è oggi diviso in due parti: al piano di sopra, viene documentata la resistenza partigiana della Lituania contro gli occupanti sovietici, le deportazioni in Siberia e la vita quotidiana. Al piano terra, ci sono le celle dove venivano tenuti i prigionieri, le camere di esecuzione e tortura. Le celle sono rimaste esattamente come gli officiali del KGB le avevano lasciate in Lituania nel 1991.