Monaco , martedì, 14. agosto, 2018 14:00 (ACI Stampa).
I nomi dei trenta paesi dove i cristiani soffrono le peggiori discriminazioni e persecuzioni scorrono su un lungo striscione nero. Iraq, Laos, Cina, Giordania, Nord-Corea, Somalia, Iran: come in una sorta di classifica dell’orrore, vengono nominati al microfono uno ad uno, per puntare su di loro, almeno per pochi secondi, quei riflettori dell’attenzione pubblica che troppo spesso rimangono drammaticamente spenti.
Sono solo trenta dei ben cinquanta paesi che - elencati ogni anno dall’organizzazione evangelica Open Doors in un rapporto annuale - vantano questo diabolico primato. Ma sono oltre un centinaio i paesi dove circa 200 milioni di cristiani non godono di libertà religiosa.
Numeri spaventosi, quanto sconosciuti, su cui il “Comitato ecumenico per la libertà religiosa” di Neumarkt nello Oberpfalz, sabato 28 luglio, sulla piazza del Campidoglio, davanti ad un centinaio di persone, ha voluto dedicare una mattinata di attenzione attraverso una manifestazione contro la persecuzione dei cristiani e in favore della libertà religiosa.
«In Germania si può liberamente decidere se essere musulmano, evangelico o cattolico», ha detto Christiane Murner, dallo scorso marzo decana della Comunità evangelica di Neumarkt. «Tutto ciò – ha proseguito la decana Murner - è garantito dalla dichiarazione dei diritti umani. Ogni uomo ha diritto a libertà di pensiero, coscienza e religione. In molti paesi però la libertà dei cristiani e di altre minoranze viene limitata. La Corea del Nord è il paese maglia nera. Qui decine di migliaia di cristiani sono internati nei campi di lavoro. La Cina non è da meno: in questo paese i cristiani vengono condannati a morte, torturati, discriminati. Altrove i cristiani non possono costruire chiese».
Berthold Pelster, esperto di libertà religiosa per Aiuto alla Chiesa che Soffre di Germania, ha riferito sui diritti religiosi dei cristiani in paesi da codice rosso come Iraq, Nigeria e Indonesia. «L’ascesa dello Stato Islamico in Medio Oriente – ha detto Pelster, autore del recente volume “Cristiani in emergenza. Discriminazione e oppressione. Rapporto 2018” - ha avuto delle conseguenze disastrose per tutte le persone che vivono lì, ma in modo particolare per le minoranze religiose, come per esempio per gli sciiti, gli jesidi e soprattutto per i cristiani. Nell’estate 2014 circa 125.000 cristiani sono stati cacciati via dalle loro case nella Piana di Ninive e dalla metropoli di Mossul. Se se si pensa che oggi i cristiani in Iraq sono circa 300.000 e che 125.000 sono stati costretti a lasciare le loro case, il conto porta ad un terzo dell’intera popolazione irachena. Nel febbraio del 2016 il Parlamento europeo ha condannato aspramente l’azione dello Stato Islamico giudicandola un autentico “genocidio”.