Ma sfogliando sfogliando tra lettere ed appunti si trova ad esempio che Annibale della Genga chiede una copia di Don Chisciotte in italiano o francese. Quindi non legge bene lo spagnolo. E ancora un contatto con il marchigiano illustre dell’epoca Giacomo Leopardi che a Roma nel 1822 leggeva le avventure dell’allampanato cavaliere della Mancha.
Annibale come Giacomo viene formato dalla biblioteca e dal gusto paterni, ma poi lo stile diventa personale. Arriva a 3171 volumi, certo ben lontani dai numeri di casa Leopardi, ma l’elenco mette in luce una certa varietà. Oltre alla storia ecclesiastica e ai classici latini e greci, alla teologia etc, della Genga ha diversi testi di “ecumenismo”. Non certo intesa come oggi, ma circa la possibilità di riportare i protestanti alla Chiesa cattolica.
Un biblioteca legata al suo percorso da diplomatico certo, ma anche con testi di fisica, chimica, geometria, matematica, ingegneria, medicina, magnetismo e perfino magia, oltre all’agricoltura e all’allevamento, coerentemente con agli interessi personali e della sua famiglia.
I testi dei classici, la patristica sono quelli che arrivano anche a Recanati, ma della Genga è interessato soprattutto alla loro comprensione alla interpretazione.
L’attenzione non si ferma alla patristica ma comprende Tasso e Ariosto e gli astronomi del XV secolo. E così la biblioteca contiene molti testi più moderni e inattesi da Gainsenio a Voltaire, da Mirabeau a Pietro Verri. Una raccolta che si può definire spregiudicata ma necessaria ad un diplomatico che affrontava le sfide della modernità.
Libri considerati “proibiti” all’epoca. E che hanno spazio nelle biblioteca insieme al teatro di Racine e al romanzo di Robinson Crusoè.
La sua formazione lo renderà equilibrato e moderno anche in teologia da Papa. “Leone XII - scrive Regoli- opta per soluzioni teologiche equilibrate, evitando nel campo morale lassismi o rigorismi”. Tra i testi molti sono di Alfonso Maria de’ Liguori e numerose edizioni dell’Imitazione di Cristo attribuita a Kempis e di Leonardo da Porto Maurizio, il Metodo pratico della Via crucis.
E poi ci sono le raccolte di giornali due intere: L’ami de la Religion et du roi, journal ecclesiastique, politique et litéraire, dall’anno 1814 fino al 10 maggio 1826, e L’Amico d’Italia giornale di Lettere, scienze ed arti, Torino 1822-1826,
Sono cattolicissimi e intransigenti. Ma ci sono anche altri giornali come il Giornale Ecclesiastico di Roma, con il Supplemento al Giornale Ecclesiastico di Roma.
In pratica Leone legge un po’ di tutto ed è attento alle novità anche se legato alla tradizione e all’antico anche in chiave artistica e antiquaria.
Conclude Regoli, Leone XII è il classico uno del suo tempo in bilico tra due mondi: “La sua biblioteca rivela interessi enciclopedici, tipici del Settecento, mancano però in elenco tutti quei romanzi che ad esempio si trovano nelle raccolte librarie del cardinale Consalvi. “Bisognerebbe un giorno capire- scrive Regoli- perché alcuni testi, come il Don Chisciotte, da lui letti e posseduti non siano entrati o annoverati nell’elenco dei libri inviati alla famiglia. Esisteva per caso un altro fondo librario che ha preso altre strade?”.
Un piccolo mistero sui libri del Papa: “Dall’indice dei suoi volumi emerge un uomo dalle letture spregiudicate, non a disagio con le istanze culturali moderne più avanzate e graffianti. Un uomo aggiornato, dalla lettura di molti periodici che facevano la tendenza della sua epoca. Attento al mondo pontificio romano, ai suoi uomini di cultura, alla sua teologia, ai suoi costumi, ma anche alla riscoperta delle sue antichità artistiche, architettoniche, pittoriche, archeologiche e non solo.
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Appare un uomo europeo, ma ben radicato nell’Urbe. Un uomo dai molti viaggi, ma attento alla terra, all’agricoltura e all’allevamento” scrive Roberto Regoli. Insomma un uomo “classico, moderno e… spregiudicato?”.