Città del Vaticano , giovedì, 2. agosto, 2018 12:30 (ACI Stampa).
“Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. E’ in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante”.
Così Papa Francesco lo scorso ottobre nell’anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica avviava il processo che arriva oggi a conclusione. “Assumiamo le responsabilità del passato- disse- e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo. Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli”.
Lo sviluppo, si legge nella lettera per i vescovi che accompagna il rescritto con il nuovo paragrafo del Catechismo, “poggia principalmente sulla coscienza sempre più chiara nella Chiesa del rispetto dovuto ad ogni vita umana”.
E infatti si legge nella lettera firmata dal cardinale Ladaria Prefetto della Dottrina della Fede, se “la situazione politica e sociale di un tempo rendeva la pena di morte uno strumento accettabile per la tutela del bene comune, oggi la sempre più viva coscienza che la dignità di una persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi, l’approfondita comprensione del senso delle sanzioni penali applicate dallo Stato, e la messa a punto di sistemi di detenzione più efficaci che assicurano la doverosa difesa dei cittadini, hanno dato luogo ad una nuova consapevolezza che ne riconosce l’inammissibilità e perciò chiede la sua abolizione”.
Tutto parte dalla Evangelium vitae di Giovanni Paolo II: "Il Santo Padre annoverava tra i segni di speranza di una nuova civiltà della vita «la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di “legittima difesa” sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono”.