Città del Vaticano , giovedì, 19. luglio, 2018 16:00 (ACI Stampa).
“Il 19 luglio, festa di San Vincenzo de’ Paoli, si abbatté su Roma un terribile bombardamento che ebbe, inesorabile conseguenza, un numero rilevante di vittime tra morti e feriti e lasciò circa 45.000 persone senza tetto. Verso sera, mentre in lontananza si vedevano bagliori di fiamme sul quartiere San Lorenzo colpito dalle bombe e sull’aeroporto, cominciò ad affluire sotto il colonnato una folla di sinistrati: gente che, ancora sotto l’incubo del terrore, veniva senza sapere perché in Piazza San Pietro, forse nella vaga speranza che almeno là, vicino al Papa, avrebbe trovato un po’ di pace e di conforto”.
Comincia così il diario della suore di Santa Maria Bambina a Roma, un “diario di Guerra” di 5 pagine che apre una finestra sul quel 19 luglio a San Pietro. Le Suore di Carità delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, dette di Maria Bambina (S.C.C.G.) hanno la loro Casa Provincializia a pochi passi dal colonnato berniniano.
Come racconta Antonello Carvignani su L’Osservatore Romano, le suore furono in prima linea nella assistenza agli sfollati. La cronaca in quelle cinque pagine è stata scritta il 5 aprile 1947 dalla superiora di allora che ha guidato la comunità dal 1938 al 1957, suor Giovannina Venturi.
Un racconto di guerra anche prima di quel 19 luglio: “Durante il primo triennio di guerra Roma continuò la sua vita normale; tranne pochi allarmi, che permettevano ai cittadini di attendere tranquillamente alle proprie occupazioni, nessun pericolo pareva minacciare la città, ed era penetrata in tutti la convinzione che gli orrori della guerra avrebbero risparmiato la sede del Vicario di Cristo, la culla della civiltà Europea. La casa provincializia delle suore di Carità, prospiciente il Colonnato Berniniano, e protetta dal cupolone di San Pietro, vide svolgersi in quel primo periodo di guerra le sue consuete attività. Ma nell’estate del 1943 la situazione cambiò”.
Prosegue il racconto come riportato da L’Osservatore Romano: “Le suore, saggiamente guidate dalla madre reverenda provinciale, non guardarono a sacrifici; ciascuna aveva la propria incombenza: pulizia delle aule-dormitori, servizio di tavola nel salone trasformato in refettorio; la cucina era divenuto il centro di gravitazione della casa; pranzo e cena per tanta gente era il problema cruciale di ogni giorno. La Provvidenza Divina non venne però mai meno. Dopo il secondo bombardamento del 13 agosto 1943 e la strana situazione verificatasi in gran parte d’Italia in seguito all’armistizio; il numero dei ricoverati all’ombra di Maria Bambina aumentò notevolmente. Alla fine di settembre 120 persone erano stabilite in casa”.