È il periodo dell’arrivo dei levantini, che sono ancora là, sebbene poi non abbiano avuto ricevuto la cittadinanza, e la riforma sia rimasta una promessa, più che un fatto. È il periodo in cui Istanbul attira congregazioni da tutto il mondo.
Ma è anche un periodo di forti ondate nazionaliste, che porteranno alla Prima Guerra Mondiale. L’Impero Ottomano comincia a disgregarsi, la Grecia ottiene per prima la sua indipendenza, i russi esercitano la loro influenza proteggendo i cristiani ortodossi, gli inglesi lo fanno proteggendo gli altri cristiani.
In questa situazione, con la Georgia già fortemente sotto l’influenza degli zar e provincia russa dal 1801, padre Pietro Carischiaranti fonda nel 1801 a Costantinopoli la Congregazione dell’Immacolata Concezione, che prende sede nel quaritere di Feri-Keuy, nella chiesa di Notre-Dame di Lourdes.
Scopo dell’opera è di formare un clero nazionale che possa lavorare in maniera efficace in Georgia, ed infatti è una congregazione a tre riti (latino, bizantino, greco-georgiano), che presto si doterà di un ramo femminile.
Proprio la presenza delle Suore Georgiane, stabilitesi nel santuario della Nostra Signora di Lourdes di cui sono stati guardiani Paul Simon Zazadze, rappresenta un segno di quello che era diventato l’impero ottomano.
“Il libro – racconta ad ACI Stampa Rinaldo Marmara, il curatore – mostra l’ospitalità del popolo turco. I sacerdoti georgiani vanno in Turchia, fondano la loro Congregazione per formare preti per la loro nazione, e lo fanno in tutta libertà. Dopo le riforme dell’Impero Ottomano del 1839, la Turchia diventa un paese di accoglienza per eccellenza”.
Ovviamente, la Congregazione ha i suoi problemi, e sono tutti documentati negli scritti vaticani. E sono problemi soprattutto di natura finanziaria, tra le suore e i sacerdoti.
Ed è qui che arriva monsignor Roncalli, che viene inviato visitatore, fa la sua relazione, molto dettagliata, e nonostante tutto apprezza moltissimo la Congregazione, sottolineando che se non esistesse bisognerebbe crearla.
Anche perché rappresentava in qualche modo lo spirito missionario incarnato da Benedetto XV con la Maximum Illud, con cui chiedeva di formare quanto più possibile sacerdoti locali, consapevoli della storia delle terre in cui operano.
Non solo: la Congregazione rispondeva anche alla difficile convivenza con gli ortodossi in Georgia, tra i più conservatori del mondo, che addirittura praticano i ribattesimi in caso di matrimoni misti. Il tema è drammaticamente attuale, ed è stato messo in luce anche durante la visita di Papa Francesco a settembre 2016.
Colpisce la straordinaria attenzione della Santa Sede per ogni singola situazione locale. Il libro è soprattutto la trascrizione di documenti dell’Archivio della Segreteria di Stato, ed è parte di una opera più ampia di Marmara, che annuncia: “Si sta preparando un colloquio in Turchia, e forse anche a Roma, sull’importanza degli archivi vaticani per la storia della Turchia”.
Il tutto è parte di una “diplomazia culturale” che ha anche favorito il riavvicinamento tra Santa Sede e Turchia dopo che Papa Francesco menzionò il genocidio degli armeni in occasione della celebrazione per gli armeni del 13 aprile 2015, quando fu proclamato Gregorio di Narek dottore della Chiesa. Nell’occasione, i turchi – che non accettano il termine genocidio – ritirarono l’ambasciatore, e fu la presentazione di un libro di Marmara sulla Squadra Pontificia al Dardanelli, con nota vaticana che si richiamava ai “tragici fatti del 1915” a far rientrare la protesta turca.
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Presentando il libro lo scorso 29 maggio, il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, ha sottolineato che “la chiesa georgiana mantenuta dalla famiglia Zazadze ad Istanbul, come anche quella bulgara di cui il Dicastero si sta occupando da anni, entrambe affidate alla giurisdizione del Vicariato Apostolico di Istabul e dell’Esarcato per i fedeli bizantini, uniti nella persona di S.E. Mons. Ruben Tierrablanca, rimangono uno dei segni di come la Turchia, in particolare nella grande città sui due continenti, Istanbul, l’antica Costantinopoli, possa rimanere grembo fecondo ed accogliente per molti popoli”.