Nacque così l’interesse per una revisione del rito della Consecratio Virginum, disposta da Paolo VI nella Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium, e sfociata nel nuovo Ordo Consecrationis Virginum promulgato dalla Congregazione per il Culto Divino il 31 maggio 1970.
Da qui, la necessità di un documento, che ha portato all’Ecclesiae Sponsae Imago, per orientare i vescovi diocesani nella cura pastorale dell’Ordo Virginum.
L’istruzione è divisa in tre parti: la prima tratta della vocazione e la testimonianza dell’Ordo Virginum; la seconda della configurazione dell’Ordo Virginum nelle Chiese particolari e nella Chiesa universale; la terza del discernimento vocazionale e la formazione per l’Ordo Virginum.
Nella prima parte, il documento spiega che la realtà spirituale dell’Ordo Virginum è caratterizzata dalla celebrazione liturgica della consecratio virginum, in cui “le consacrande esprimono il sanctum propositum, cioè la ferma e definitiva volontà di perseverare per tutta la vita nella castità perfetta e nel servizio di Dio e della Chiesa, seguendo Cristo come propone il Vangelo per rendere al mondo una viva testimonianza di amore ed essere segno manifesto del Regno futuro”.
Un proposito che “viene accolto e confermato dalla Chiesa attraverso la solenne preghiera del vescovo”.
Si definisce quindi che l’Ordo Virginum è differente dagli Istituti di Vita consacrata, perché il carisma della verginità si armonizza con il carisma proprio della Vita Consacrata. Sono consacrate, seguono la Liturgia delle Ore, partecipano costantemente alle celebrazioni dei sacramenti, ma non sono separate dall’ambiente in cui vivono. Sono considerate, insomma, una risorsa per la società.
Ma come si possono le vergini radicare nella diocesi? È il tema della seconda parte dell’istruzione. Le vergini consacrate sono parte delle diocesi, e chiamate a contribuirvi, anche magari andando in missione o sperimentando forme di comunione oltre la diocesi. Poi, ci sono le questioni pratiche: nelle diocesi, si possono creare fondazioni per il sostegno economico dell’Ordo Virginum, il coinvolgimento delle associazioni ecclesiali, i motivi per cui si può decidere di separarsi dall’Ordine
Il vescovo è una figura fondamentale. “In continuità con l’antica tradizione ecclesiale – si legge nel documento - l’Ordo consecrationis virginum tratteggia la figura del Vescovo diocesano non soltanto nel suo compito di sacerdote dispensatore della grazia divina, ma anche come maestro che indica e conferma il cammino della fede, e come pastore che si prende cura amorevolmente delle persone lui affidate”.
È con il vescovo che si parla per valutare se trasferirsi o meno in altra diocese, magari per nuove occasioni di lavoro; è il vescovo che si occupa di valutare l’eventuale costituzione di fondazioni per il sostegno economico dell’Ordo virginum o di associazioni e le esperienze di vita comune e l’eventuale coinvolgimento in altre aggregazioni ecclesiali. E un riferimento costante è il Segretariato per l’Ordo Virginum, parte della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata.
Ma il documento valuta anche le diverse possibilità di separazione dell’Ordo Virginum, perché si vuole entrare in un ordine monastico, o perché semplicemente si comprende che la vocazione non è più presente o per motivi “gravissimi”, da esporre comunque al vescovo, o per qualche grave situazione.
“Qualora una consacrata – si legge nell’Istruzione - sia accusata di gravissimi delitti o mancanze gravissime, esterne e imputabili contro gli obblighi derivanti dalla consacrazione, tali da suscitare scandalo nel popolo di Dio, il Vescovo avvierà la procedura di dimissione. Renderà quindi note all’interessata le accuse e le prove raccolte, dandole la facoltà di difendersi".
Quindi, prosegue l'istruzione "se il Vescovo riterrà insufficiente la difesa, e non vi sia altro modo per provvedere alla correzione della consacrata, alla reintegrazione della giustizia e alla riparazione dello scandalo, la dimetterà dall’Ordo virginum.
Il decreto di dimissione dovrà esporre almeno sommariamente i motivi della decisione e non avrà efficacia se non dopo essere stato confermato dalla Santa Sede.
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La terza parte dell’Istruzione si occupa del discernimento e della formazione, da fare prima della consacrazione, ma anche durante. È il vescovo diocesano a dover discernere la vocazione delle aspiranti e delle candidate, e provvedere perché possano avere una adeguata formazione.
“La proposta formativa – sottolinea il documento - mirerà anzitutto a far emergere e consolidare nella persona la attitudine fondamentale della docibilità, cioè la libertà, il desiderio e la capacità di apprendere da qualsiasi condizione di vita, coinvolgendosi attivamente e responsabilmente nel processo di crescita personale in tutto il corso della propria esistenza”.
E per questo “nell’impostare i percorsi formativi, si farà attenzione a non ridurli a proposte uniformanti o generiche, che non tengano sufficientemente conto delle esigenze specifiche e dei carismi di ciascuna. Allo stesso tempo, si vigilerà sul rischio di tendenze individualistiche, che ostacolino l’acquisizione e lo sviluppo di un vero senso di appartenenza ecclesiale e dello spirito di comunione all’interno dell’Ordo virginum”.
Il vescovo non è chiamato a gestire questo percorso formativo da solo, ma valorizzando le risorse presenti in diocesi, a partire dalla competenze delle vergini consacrate già presenti nel suo territorio.
Il percorso propedeutico non può iniziare prima del 18esimo anno di età, e per l’ammissione alla consacrazione si deve tenere conto dell’età in cui nella regione si è soliti celebrare le nozze, ma in generale la consacrazione non si può celebrare prima dei 25 anni.
“L’ammissione alla consacrazione – spiega l’istruzione - richiede che per l’età, la maturità umana e spirituale, e per la stima che gode nella comunità cristiana in cui è inserita, la candidata dia prova di essere in grado di assumere responsabilmente gli impegni che derivano dalla consacrazione. Richiede anche che la persona non abbia mai celebrato le nozze e non abbia mai vissuto pubblicamente, cioè in modo manifesto, in uno stato contrario alla castità”.