New York City, New York , venerdì, 13. luglio, 2018 10:00 (ACI Stampa).
Se il lavoro della Santa Sede nel concerto internazionale è universalmente riconosciuto, c’è stata anche una opposizione alla sua presenza come Stato sovrano nelle organizzazioni internazionali, sfociato a metà anni Novanta nella campagna “See change”. Ma oggi è ancora così? L’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, sostiene che no, non è più così, anche se una certa resistenza ideologica resta.
Quanto è importante la presenza della Santa Sede presso le Nazioni Unite?
C’è una opposizione ideologica negli Stati Uniti che va su e giù. Ci sono nazioni che considerano alcune battaglie della Santa Sede al limite strane, e negli Anni Novanta questa battaglia raggiunse il picco con le conferenze ONU del Cairo e di Pechino su Popolazione e Sviluppo e sulla Donna. C’era tantissimo antagonismo, tanto che ci sono state alcune ONG che hanno proposto che la Santa Sede uscisse dalle Nazioni Unite o ne facesse parte solo come ONG.
Ma oggi questa opposizione è ancora presente?
Nei miei sei anni come Osservatore presso le Nazioni Unite, non ho mai sentito qualcuno dirmi che la Santa Sede non dovesse essere presente. E lo dico al di là dei rapporti protocollari di cortesia. Comprendiamo che con 193 Stati e due Paesi osservatori non si può avere consenso su tutto, e questo è parte delle dinamiche del multilateralismo. Molto dipende dal Papa, perché il Papa è un leader, la sua presenza è apprezzata e utile solleva questioni internazionali cui il pubblico si interessa.