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Le Nazioni Unite, terra di evangelizzazione

Arcivescovo Bernardito Auza | L'arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite | Holy See Mission Arcivescovo Bernardito Auza | L'arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite | Holy See Mission

Non solo l’impegno nei negoziati. La Santa Sede partecipa ai lavori delle Nazioni Unite con un compito particolare di evangelizzazione, che in realtà permea tutta l’attività della diplomazia pontificia. Per la Santa Sede, la diplomazia è uno dei mezzi con cui diffondere e proteggere la fede. Ne parla l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di New York.

Le Nazioni Unite possono essere terra di evangelizzazione?

Certamente sì. Vero che difficilmente citiamo la Bibbia o i documenti della Chiesa nei nostri interventi alle Nazioni Unite, ma citiamo i discorsi del Papa, perché siamo qui a rappresentare il Papa, e tutti sanno che quello che dice il Papa è quello cui credono i cattolici. Parlando del Papa, parliamo anche della Chiesa. È un modo di orientare il nostro linguaggio: parlando direttamente, costruiremmo un certo muro.

Quale è l’approccio delle Nazioni Unite verso la religione?

Si sono più aperte, in tempi recenti. Noi non facciamo religione alle Nazioni Unite, ma ora, con la sempre maggiore presenza dei Paesi in via di Sviluppo, il tema della religione diventato quasi naturale. Spesso i leader religiosi vengono invitati a incontri ufficiali nel Consiglio di Sicurezza per parlare di violenza ed estremismo, per esempio.

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Quale è la posizione dell’assemblea nei confronti della Chiesa cattolica?

Da una parte, ed è il lato positivo, viene riconosciuto il lavoro portato avanti dalla Chiesa in campo umanitario. Dal lato negativo, si può dire che in generale la religione è considerata spesso come un agente dell’estremismo violento. Vero è che gli Stati membri riconoscono anche il ruolo dei leader religiosi nell’educare specialmente i giovani contro l’estremismo violento.

Quali sono le sfide alle Nazioni Unite?

Le sfide dipendono molto da cosa c’è sul menu. Dietro le quinte c’è una costante attenzione verso i valori fondamentali che promuoviamo e proteggiamo, come il valore della vita umana, da proteggere dal concepimento alla morte naturale, e il riconoscimento del matrimonio e della famiglia. Ci sono valori che hanno tremende implicazioni, e c’è un gruppo di nazioni che cerca sempre di includere un linguaggio controverso in ogni testo in discussione.

Il compito della Santa Sede è allora quello di contrastare questo nuovo linguaggio…

Sì. Cerchiamo di avere una relazione con le nazioni in via di Sviluppo, nazioni, gruppi di Stati che pensano come la Santa Sede. Nelle negoziazioni multilaterali ci sono alleati in un senso e nell’altro. Si contesta alla Santa Sede di avere relazioni con nazioni che violano i diritti umani su temi come l’aborto o i cosiddetti diritti sessuali e riproduttivi. Noi promuoviamo il dialogo. Cerchiamo di usare i documenti delle Nazioni Unite, le risoluzioni e altri documenti come veicolo per promuovere una comprensione su alcuni termini che in realtà hanno un significato diverso.

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Per esempio?

Termini come gender, sostenibilità e sviluppo sostenibile, ad esempio, sono utilizzati in maniera fuorviante, il loro significato originale è completamente messo da parte. Ogni documento ha una storia, c’è tanto da capire. La Santa Sede ha lavorato duramente per evitare la proliferazione di questi termini nei nostri documenti.

Riguardo questo nuovo vocabolario: dobbiamo evitare la terminologia incriminata parole o dobbiamo utilizzarle con un significato diverso?

Facciamo l’esempio della parola gender. Quando si è cominciato ad usare il termine “gender”, non c’era alcuna controversia dietro quella parola, perché riguarda il significato di uomo e donna. Ora è stata introdotta nei documenti in modo da cambiare il significato, arrivando ad un infinito numero di sessualità – ufficialmente ce ne sono 296, ma alla fine non sappiamo quante possano essere. Come il significato di gender è stato cambiato da alcune “lobbies”, così è successo con la questione dello sviluppo sostenibile. È paradossale che la prima volta che si è usata la parola “sostenibile”. È stata usata la prima volta proprio dalla Santa Seden le 1972, parlando dei limiti della crescita sostenibile. Poi, il termine è stato usato in maniera surrettizia con il significato di “controllo della popolazione”. Insomma, il significato cambia a seconda delle persone che lo usano.

Come reagite?

La Santa Sede fa varie riserve ai documenti, allo stesso linguaggio delle Nazioni Unite. Fuori dalle Nazioni Unite, le persone non comprendono termini come “gender equality” o “empowerement” (tradotto in italiano con i termine impoteramento, ndr), né si rendono conto delle conseguenze di questo dibattito.

Di certo è difficile da spiegare alle persone…

È difficile da spiegare anche ai media, che sono interessati alle Nazioni Unite e a dare notizie sulle Nazioni Unite solo quando si parla delle risoluzioni sulla Siria o su altre zone di conflitto.