Ma accadde proprio questo. La Rai si rivolse a Bergman per un progetto su uno sceneggiato incentrato sulla vita di Cristo. Si tratta di una vicenda interessante e praticamente rimasta sconosciuta, fino ad oggi, quando la casa editrice Il Melangolo, proprio in questi giorni, ha deciso di pubblicare le pagine in cui il grande regista aveva messo in scena il suo Gesù. Tutto ambientato nella rocciosa e solitaria Fårö. Il regista aveva anche immaginato che il protagonista avrebbe potuto avere il volto, il profilo scavato e ieratico di Max Von Sydow, attore-feticcio del cinema bergmaniano.
Com'è andata a finire la vicenda? Il libro, che si intitola "Il vangelo secondo Bergman. Storia di un capolavoro mancato", oltre a raccogliere la prima stesura di un soggetto in nuce, ripercorre con dovizia di particolari la storia di questo film per la televisione che non ha mai visto la luce. Negli anni Settanta la Rai pensa appunto di mandare in onda un grande sceneggiato sulla vita di Gesù. E il nome scelto per l'impresa è quello di Bergman. Nel 1975, per la precisione, una delegazione, composta da cinque persone, alti funzionari e dirigenti, si reca in Svezia per trovare un accordo con il maestro.
L'accordo si trova, al regista vengono versati 30 mila dollari di anticipo e lui manda un "trattamento" per dare un'idea di come avrebbe voluto procedere. Bergman stesso racconterà la vicenda, anni dopo, nella sua autobiografia -appassionante come un romanzo - dal titolo "Lanterna magica": " Risposi con un piano dettagliato sulle ultime 48 ore della vita del Salvatore. Ogni episodio era incentrato su uno dei personaggi principali del dramma: Pilati e sua moglie; Pietro il rinnegatore; Maria, la madre di Gesù; Maria di Magdala; il soldato che intreccio' la corona di spine; Simone di Cirene, che portò la croce; Giuda il traditore. Tutti quanti avevano un episodio in cui l'incontro con la Passione annienta irrimediabilmente la loro realtà e modifica la loro vita. Dissi che volevo girare il film a Fårö".
Come si reagisce all'idea in Rai? Sempre il regista racconta:" Gli italiani leggono, riflettono e arretrano impalliditi. Pagano generosamente e affidano l'incarico a Franco Zeffirelli: ne risultò una vita e morte di Gesù come un bel libro illustrato, una vera e propria biblia pauperum".
Si coglie, in queste frasi, una nota lievemente sarcastica, comunque distaccata, come se il regista guardasse da una distanza siderale il lavoro del collega italiano. Certo si può immaginare cosa avranno potuto pensare i dirigenti della nostra tv pubblica dinanzi alla prospettiva di girare tutte le scene tra le livide spiagge di Fårö, su cui si aggira un Cristo innocente e lasciato al suo destino crudele, senza la prospettiva della Resurrezione.
Da quelle pagine, dunque, emerge una visione dolente della storia della Passione: il protagonista è circondato da personaggi tormentati dai dubbi, dalla fatica di vivere. Quanto fu diverso il Gesù di Zeffirelli! Scene sontuose e ricche di dettagli, id colori e le parole, i volti di star internazionali...E le scene della Resurrezione, cosi' intense, scintillanti di luce e di gioia. Il suo, peraltro, fu un successo planetario, che ancora continua, nelle innumerevoli repliche del film.
Nella visione di Bergman, invece, quadri staccati, in cui i personaggi mostrano la loro umana debolezza, la speranze sempre meno forti, inquadrature essenziali che mostrano ambienti severi, quasi fossero fondali da tragedia antica.
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E accanto a loro, Cristo, ma come lo vede il regista, che annota, a conclusione del suo soggetto:" Per me la santità di Gesù è comprensibile. La comprendo con il sentimento, non con la ragione. Mi brilla negli occhi, ma non mi abbaglia, ne' mi acceca, perché la sua luce è quella di un essere umano".
"Il vangelo secondo Bergman. Storia di un capolavoro mancato", a cura di Andrea Panzavolta e Pia Campeggiani, pp.110, euro 14