Perché il governo cinese dovrebbe accreditare una università cattolica?
Perché Hong Kong è governata con il principio di “una nazione due sistemi”. Possiamo dunque avere il nostro modo di fare le cose. Credo che Hong Kong sia molto importante per la Cina, è come la sua finestra aperta sul mondo. Se il governo centrale chiudesse tutto in Hong Kong, questo proverebbe che il principio “una nazione, due sistemi” non può funzionare. Per loro è dunque molto importante che questa è una via percorribile, e farlo funzionare.
Ma quale è il problema più grande ad Hong Kong?
Per i giovani, è soprattutto quello di una sistemazione. Il movimento Occupy Central lo dimostra. Al di là delle richieste di indipendenza e autonomia, gli studenti erano soprattutto frustrati dall’impossibilità di formare una famiglia. Non possono permettersi una casa, sono costretti a vivere con i loro genitori, che a loro volta vivono con i loro genitori. Molte persone sono infelici perché usano tutti i loro risparmi per comprare una casa.
C’è qualche modo in cui Hong Kong possa avere una influenza sul modo di vivere cinese?
Da un certo punto di vista sì. Hong Kong è chiamata a partecipare alla modernizzazione della Cina, e non solo dal punto di vista politico-economico. Lo sviluppo delle nazioni non si basa solo sull’economia. Gli esseri umani hanno bisogno di avere un sistema di valori. Se dai loro denaro, e niente più che denaro, rimarranno soli ed isolati.
Cosa può are la Chiesa cattolica in questa situazione?
La Chiesa non deve competere con il Partito per il potere e l’autorità di questo mondo. Il Signore Gesù non ha mai detto ai suoi discepoli di competere con l’Impero Romano. La Chiesa ha un ruolo da giocare, e io credo che la Chiesa deve avere una buona attitudine di dialogo, ma allo stesso tempo è chiamata a dire la verità. Deve parlare contro l’ingiustizia sociale, quando questa si verifica.
Quanti sono i cattolici ad Hong Kong?
Ogni anno abbiamo più di 30 mila battezzati. La popolazione cattolica è di 400 mila persone, se contiamo solo i locali. Includendo gli stranieri, ci sono circa 600 mila cattolici, il 10 per cento della popolazione totale di Hong Kong. Nella nostra diocesi ci sono 93 parrocchie e 100 luoghi dove si celebra la Messa.
Perché gli abitanti di Hong Kong sono attratti dal cattolicesimo?
Ci sono molte ragioni, anche pratiche. In molti vengono dalla Cina e vogliono essere educati nelle scuole cattoliche e per garantirsi l’ammissione si battezzano e fanno battezzare i figli, in modo che possano guadagnare punti per una eventuale ammissione. Ma, una volta ammessi nelle scuole cattoliche, non vanno più in Chiesa. Ma la mancanza di pratica non dipende solo da questo.
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E da cosa altro?
Da un forte consumismo, dal fatto che c’è sempre una gratificazione immediata. Ho chiesto ai miei sacerdoti di considerare e cambiare il nostro modo di comunicare, per correre e andare dai più giovani. Predicare dal pulpito non significa raggiungere la tua audience. Il nostro obiettivo è quello di rafforzare le persone, di migliorare le relazioni umane perché tutti si aiutino gli uni con gli altri.
In che modo?
Un esempio: Hong Kong sta invecchiando molto rapidamente, ci sono oltre 2 terzi delle persone al di sopra dei 60 anni, e in 20 anni nelle strade saranno solo vecchi. Quelli che gestiranno la società tra 30 anni saranno chiamati a gestire la società, e dovranno essere ben preparati. Ed è per questo che siamo chiamati a fare qualcosa, non solo stare sul pulpito e pregare, aspettando che tutti ci ascoltino. Dobbiamo andare verso i giovani. Perché oggi hanno una gratificazione istantanea, ma non hanno nulla da seguire. Questo è il compito della Chiesa Cattolica, ma non solo. Anche il governo, e chiunque nella società, è obbligato a farlo.
Quindi lei sostiene che c’è bisogno di una alleanza tra la Chiesa e la società civile?
Lo dico sempre agli ufficiali di governo, che dobbiamo lavorare insieme per fare qualcosa. Noi, per parte nostra, siamo chiamati a chiedere a tutti i sacerdoti di cercare nelle parrocchie se c’è qualche possibilità di mettere insieme i giovani, e magari formare un gruppo per aiutare i più anziani. Per fare cose semplici, per esempio aiutare gli anziani a pulire la casa, o fare la spesa.