Il metropolita Gennadios spiega il motivo dell'incontro, di "offrire lode a Dio e grazie per le nubi di testimonianza che, nei settanta anni di esistenza del Consiglio Ecumenico delle Chiese, hanno lavorato per l'unità dei cristiani e allo stesso tempo per l'unità dell'umanità e della creazione". E il vescovo Swenson mette in luce che "dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa Cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese hanno cominciato una dialogo e una cooperazione fruttuose che sono state rafforzate e intensificate nel corso degli anni".
Dopo la processione, i saluti introduttivi, la preghiera di pentimento, la preghiera di riconciliazione e per l’unità, la lettura del brano di Paolo ai Galati. Ed è qui che Papa Francesco prende la parola.
E sottolinea che l’uomo è “un essere in cammino”, ma che “camminare è “una disciplina, una fatica, servono pazienza quotidiana e allenamento costante”, nonché “l’umiltà di tornare sui propri passi e la cura per i compagni di viaggio, perché solo insieme si cammina bene”.
Per questo – sottolinea Papa Francesco – “camminare esige una continua di sé”, ed è un impegno cui “molti rinunciano”, preferendo aggrapparsi a “sicurezze effimere” che “non danno quella pace e quella gioia cui il cuore aspira”.
Papa Francesco ricorda che Dio, sin dai tempi di Abramo, ci chiede non solo di camminare, ma di “camminare secondo lo Spirito”, evitando l’alternativa che è, come dice Paolo, “soddisfare il desiderio della carne”, che significa “provare a realizzarsi inseguendo la via del possesso, la logica dell’egoismo, secondo cui l’uomo cerca di accaparrare qui e ora tutto ciò che gli va”, senza “lasciarsi accompagnare da Dio”, ma “proseguendo nella propria rotta”.
Le conseguenze – sottolinea il Papa – è che l’uomo “perde di vista i compagni di viaggio, e sulle strade del mondo regna una grande indifferenza”, e “spinto dai propri istinti diventa schiavo di un consumismo senza freni”, e mette a tacere “la voce di Dio”, facendo anche degli altri “degli scarti fastidiosi” se incapaci di camminare sulle proprie gambe, come i piccoli e gli anziani.
Papa Francesco sottolinea quindi che “camminare secondo lo spirito è rigettare la mondanità”, vale a dire “scegliere la logica del servizio e calarsi nel perdono”, entrare nella storia con il passo di Dio, quello di “amare il prossimo come se stesso”, e non col passo rimbombante della prevaricazione”.
Questo è il cammino cui siamo chiamati, afferma il Papa, considerando che “nel corso della storia, le divisioni tra cristiani sono spesso avvenute perché alla radice, nella vita delle comunità, si è infiltrata una mentalità mondana”, lasciando così “gioco facile al nemico di Dio e dell’uomo”, tanto che “persino alcuni tentativi del passato di porre fine a tali divisioni sono miseramente falliti, perché ispirati principalmente a logiche mondane”.
Il futuro dell’ecumenismo, secondo Papa Francesco, è dunque di evitare “ogni ripiegamento autoreferenziale”, ed è un cammino che può essere considerato un “lavorare in perdita”, perché “non si tutelano a dovere gli interessi delle proprie comunità, spesso saldamente legati ad appartenenze etniche o a orientamenti consolidati, siano essi maggiormente conservatori o progressisti”.
Per questo “l’ecumenismo è una grande impresa in perdita”. Il Papa invita a "non avere parua di andare in perdita", perché si tratta di una perdita evangelica, considerando che “salvare il proprio è camminare secondo la carne, perdersi dietro a Gesù è camminare secondo lo Spirito”.
Concede Papa Francesco che è “difficile sopire le animosità e coltivare la comunione”, così come è difficile “uscire da contrasti e rifiuti reciproci alimentati per secoli”, e ancora di più resistere alla tentazione di camminare insieme “con l’intento di soddisfare interessi di parte”, secondo quella che il Papa chiama la logica di Giuda.
Papa Francesco prega dunque che lo Spirito rinvigorisca l’impegno, affinché “le distanze non siano scuse”, e “pregare, evangelizzare, servire insieme” è “possibile e gradito a Dio”, in una strada che ha la meta precisa dell’”unità”.
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“Il Signore ci chiede unità; il mondo, dilaniato da troppe divisioni che colpiscono soprattutto i più deboli, invoca unità”, esclama il Papa.
Che poi conclude: “Camminare insieme per noi cristiani non è una strategia per far maggiormente valere il nostro peso, ma un atto di obbedienza nei riguardi del Signore e di amore nei confronti del mondo”.