Una unità fondamentale in questo “momento decisivo per l’Europa”, in cui a tutti è chiesto prima di tutto di “crescere nella fede appassionata per Cristo, per la verità rivelata” e per i popoli affidati, riaffermando l’amore per l’Europa “non in modo nostalgico, come se si volesse tornare al passato, e neppure in modo ideologico, come se il cristianesimo fosse una religione civile”, ma piuttosto con lo “sguardo integrale sull’uomo, la famiglia, la società, e, nello stesso tempo vero ed entusiasta perché illuminato dalla fede”.
Il Cardinale ricorda “la fede e l’umanità perseguitate e violate in tanti Paesi della nostra Europa”, ma “nonostante il secolarismo, noi Pastori scorgiamo i segni dell’alba”, perché “nella coscienza si risveglia lentamente il bisogno di Dio, dello spirito; sono i segni del desiderio di una nuova proposta di vita che non guardi soltanto i beni materiali, i risultati immediati, il successo”.
Di fronte alla costruzione di un “ordine mondiale senza Dio”, più volte denunciato dal Cardinale Bagnasco, cresce “il desiderio di confessori della fede, capaci di incarnarla nelle scelte quotidiane, diventando sale e lievito della Storia”.
Il presidente del CCEE poi guarda alla testimonianza delle Chiese orientali, che hanno sofferto “le terribili persecuzioni dei regimi comunisti”, e per questo sostiene che “le tradizioni orientali” debbano essere “sempre più conosciute e amate dai fedeli e dal clero di tutto il mondo”.
Il Cardinale Bagnasco si rivolge alla comunità degli italo-albanesi, giunta nel XV secolo nelle terre di Lungro per “fuggire da guerre e persecuzioni. Un dramma che si ripete “anche oggi”, a cominciare dal Medio Oriente. Le comunità della Chiesa orientale, per il Cardinale, rappresentano un volto che “viene da lontano, porta il sapore delle origini”, perché “il senso del sacro e del mistero che plasma l’anima orientale è per l’Occidente un dono che aiuta a guardare e a vivere la realtà in modo più ampio, ad andare oltre il visibile, a contemplare il mondo terreno alla luce del Cielo”.
Il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, ci tiene a fornire un profilo storico, perché – afferma – “lo studio della storia ci rende edotti sul cammino di consapevolezza che la Chiesa stessa ha dovuto compiere lungo gli anni per giungere alla fase matura, segnata in particolare dallo snodo costituito dal Concilio Vaticano II, nel percepirsi come realtà organica unita e plurale, valorizzando il patrimonio proprio che ciascuna tradizione porta nell’alveo dell’essere Chiesa universale, riconoscendo il servizio alla comunione e all’unità svolto dal Successore di Pietro e Vescovo di Roma, oggi il Santo Padre Francesco”.
Se in Calabria si trovano le vestigia storiche della Magna Grecia e delle antiche chiese orientali, è sotto il pontificato di Benedetto XV che vengono fondati la Congregazione e del Pontificio Istituto Orientale e nel 1919 l’Eparchia di Lungro.
Il Cardinale Sandri racconta che “fu a causa di invasioni e violenze dell’allora impero ottomano che i fedeli albanesi si trasferirono nel sud Italia, mantenendo intatta la loro tradizione bizantina”. E anche lui, come il Cardinale Bagnasco, ricorda le sofferenze nel Medio Oriente, ma anche nell’Est Europa, con un pensiero speciale “all’amata Ucraina, che ho visitato nell’Est e nell’Ovest quasi un anno fa”, e le ondate migratorie che ne conseguono.
“La Chiesa dei secoli scorsi – sottolinea il Cardinale Sandri - si adoperò non solo per l’accoglienza materiale di queste popolazioni, ma imparò nel tempo anche quella che preservasse e valorizzasse il patrimonio spirituale, teologico, liturgico e disciplinare di cui erano portatrici”.
Per questo – aggiunge - “le sofferenze di tanti nostri fedeli oggi ci impongono di pensare, Chiesa latina e Chiese Orientali, i modi migliori e realistici per garantire una ospitalità solidale e concreta, animando come sale della terra e lievito le nostre società spesso secolarizzate ed individualiste”.
Le Chiese particolari sono chiamate anche a dialogare per “portare avanti quel dialogo che cerca di intuire le strade possibili perché i fenomeni che costringono ad emigrare e lasciare la propria terra abbiano un rimedio ed una soluzione”.
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