Roma , venerdì, 15. giugno, 2018 18:00 (ACI Stampa).
Sulla strada della Spagna del millecinquecento un pellegrino sta passando per ritirarsi in uno dei più famosi santuari mariani della Spagna: Monserrat. Qui il 25 marzo 1522 il viandante dopo un'intesa notte di preghiera deporrà, ai piedi della Vergine Maria, le sue armi di cavaliere e da quel momento servirà solo Dio, ma in altre vesti.
Ignazio di Loyola (1491-1556) aveva lasciato alle sue spalle un passato glorioso, ma cercava altro: voleva l'Assoluto. E questo era Dio. Ricordando questo momento, così delicato, per la sua esistenza, scriverà nella sua autobiografia: “camminando così assorto nelle sue devozioni, si sedette un momento, rivolto verso l’acqua che scorreva in basso, e, stando lì seduto, cominciarono ad aprirglisi gli occhi dell’intelletto. Non già che avesse una visione, ma capì e conobbe molte cose della vita spirituale, della fede e delle lettere, con una tale luce che tutte le cose gli apparivano nuove”.
Ed è appunto nelle grotte di Manresa, che vivendo in penitenza e preghiera, il santo basco comporrà la sua più grande opera :gli Esercizi spirituali. Raccontare questo testo di altissima ascetica, e spiegarne il ricco e complesso percorso è un'impresa affascinante e che esula da tale trattazione.
Però è interessante metterne a fuoco la funzione e la specificità per la grande utilità che questi possono rivestire per la vita di ogni fedele.
In primis è utile osservare che gli Esercizi spirituali ed il testo che li contiene non si leggono ma vengono dati o si vivono, in quanto necessitano di un tempo di approfondimento sui Misteri della vita di Cristo e sulla relazionalità dinamica che questo ha con l'uomo.